Linea d'ombra - anno II - n. 5/6 - estate 1984

raccontiitaliani degli sposi. E c'era una ragazza brava, bravissima, piena di buon senso, svelta nel servizio, che ammuffiva, e aveva addosso in effetti un leggero odor di muffa, in un vecchio ristorante di un paese vicino. Era alta, ossuta, con un grande naso e una boc<.¾llarga, la voce roca. Ma possedeva anche un terreno in bella vista vicino al lago. I begli occhi azzurri del sogno si spensero. Cominciò a prender luce l'eredità del padre caduto in acqua tanti anni prima e Oreste scoprì il mondo degli affari, che egli ora amava come una nuova pesca, e il pesce veniva su allegro e guizzante senza il freddo dell'alba e senza che egli avesse a temere incontri pericolosi. La gente che incontrava aveva un modo morbido, educato di parlare che corrispondeva al suo carattere, e lui di questo aveva avuto sempre, sino ad allora, una leggera, segretissima vergogna, ora capiva meglio i meriti dell'ipocrisia. Imparava l'uso di nuove parole, sapeva entrare nei raggiri di concetti complessi e difficili, ed era attento e preciso come quando aveva imparato a far girare un dado o una vite sottile e a filare reti nell'acqua. Si sentiva furbo e lo era, seppe trattare il sindaco e l'onorevole ed ebbe prestiti a basso interesse. Ma più di tutto lo divertì il costruire, imparò tutto del ferro, del cemento, delle piastrelle della cucina e dei bagni, dei meccanismi dei gabinetti. Tovaglie, tovaglioli, pentole e pentoloni. Si trovò come in un lungo giorno di Natale, in un paese dei balocchi a vedere cose reali, funzionali tutte come nate dalla immaginazione in una incredibile possibilità di scelte. Si muoveva tra quei giocattoli sicuro, senza dubbi, come in sogno. Aveva venduto, quello che la madre aveva investito, ora comprava. Stava per dare inizio ai lavori quando gli capitò la grande occasione: diventare padrone della villa di cui suo padre era stato custode; una villa su due piani, in un parco verde con una splendida quercia proprio nel centro del prato davanti alla casa. Si mise d'accordo con un costruttore che si tenne il parco per lottizzarlo, e la villa con giusta spesa fu sua. Fu un'altra festa cui seguì un banchetto di progetti, di idee nuove. Abbattè muri, allargò finestre al piano terreno, ne fece due grandi come la vetrina di un negozio e mise vetri e cristalli dove poteva, ai piani superiori sistemò la sua famiglia e lasciò vuote alcune stanze pensando che in futuro il ristorante avrebbe potuto diventare anche un albergo. Tendaggi, mobili e lampadari, tutto era in disonore della vecchia casa, ma in perfetto accordo col prudente cattivo gusto della futura clientela. La cucina era grande, piena di attrezzi e di coltelli, il luogo del suo potere. Oreste ora faceva il cuoco, aveva fatto pratica da un vecchio cuoco in pensione, egli cominciava sempre ogni cosa imparando da '' coloro che sanno''. Ma il suo palato era povero e la sua fantasia era rimasta sempre infantile, non aveva conosciuto i fantasmi del sesso e neppure gli incanti del palato. Ma il ristorante funzionava in modo perfetto, la madre, rea1izzati i suoi sogni, si muoveva nella sua vecchia casa 138 - Livio Garzanti

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==