discussione gusto di essere concisi, efficaci, assolutamente fedeli al movimento del linguaggio-pensiero da cui si è investiti. Pensare il linguaggio letterario e poetico come un linguaggio speciale, distinto e separato per definizione dal linguaggio comune, ha portato molto spesso a un impoverimento inutile del rapporto fra letteratura e realtà, fra letteratura e pubblico. La gerga/izzazione, la ripetizione di schemi collaudati e accettati non riguarda solo i poeti, gli scrittori e i critici. Riguarda anche i registi, i giornalisti, i sociologi. Il desiderio, oggi 1nolto forte in Italia, di stabilizzazione professionale e di accordo col proprio gruppo, ceto o categoria, riduce quelle possibilità di comunicazione e di presa sul reale che sono proprie dei diversi linguaggi. Può sembrare un paradosso, ma credo che sarebbe "più ambizioso" vivere con maggiore umiltà la propria scelta di artista o di scienziato, senza rinchiudersi precocemente dentro un mito riduttivo dell'Arte e della Scienza. Individuare temi e trattarli, compiere ricerche, documentare ipotesi e teorie, descrivere eventi poco noti o cruciali, sarebbe già una buona terapia contro le false professioni e i loro linguaggi speciali. Anche quello della poesia può diventare un gergo, una prigione linguistica e di abitudini mentali dentro cui entrano solo povere briciole di realtà (basta leggere i risvolti di copertina per capire quanto la critica d'accompagnamento, indistinguibile da quella dei recensori, abbia contribuito a creare vuoto e vuotaggine). Forse, oltre che "esprimere se stessi" e "perfezionare uno stile", anche in poesia bisogna avere qualcosa da dire... Franco Cordelli (Roma 1943) ha pubblicato tra l'altro le poesie Fuoco celeste (1976), i romanzi Procida (1973), Le forze in campo (1979) e I puri spiriti (1983), e di recente Proprietà perduta (Guanda 1984), sul festival di poesia di Castelporziano. Di Alfonso Berardinelli si veda la scheda apparsa sul nostro numero 2. 126 - Cordel/i-Berardinelli
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