Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

bottega Ritornerò, tanto per cominciare, a quel "ticchettìo" del giovane Orten che, qualche anno dopo averlo tradotto, si affacciò anche alle soglie della mia coscienza. Una sera, appena andato p. letto e spenta la luce nella speranza di un rapido addormentarmi, fui sorpreso da un pensiero piuttosto strano: come si chiamavano, quali facce avevano, i miei compagni di collegio - il Pontificio Collegio Pio X tenuto a Roma nel quartiere di San Lorenzo dai Padri Giuseppini - in quella remota epoca di pieno fascismo fra l'Anno Santo giubilare del 1933 e il 1935, anno della guerra d'Etiopia? Perché non cercare di ricordarmeli? Anche con questi giochi mentali si può, come sappiamo, combattere una piccola insonnia ... Ed ecco che, di ricordarmeli, non ebbi ben presto più bisogno: erano loro, i loro talvolta buffi cognomi troppo adulti per essere cognomi di bambini, che emergevano come bollicine d'aria da un mare o da uno stagno o da un vaso di pesci rossi, recando in superficie ciascuno anche una faccia, una figura, che gli erano corrisposte; cognomi e facce che marciavano in fùa per tre, minuscoli soldati, emboli benigni all'assalto nei capillari del mio encefalo dei silenziosi circuiti del ricordo, muto infantile drappello che faceva irruzione nell'inerme e sonora fortezza del mio vuoto. Il loro passo di piccoli conquistatori segnava un ritmo, aereo e insieme serrato, il ritmo giambico che è dei battiti del cuore e dei movimenti dell'amplesso (una misura prosodica, cioè, preesistente nella nostra natura e fisiologia) e che inspiegabilmente così poco spazio ha avuto nella tradizione poetica italiana; il ritmo giambico anche per amore del quale stavo finendo di tradurre in quell'anno, 1973o 1974, i 5541 versi dell'EvgenijOnegin di Puskin ... I visi, i cognomi, l'immagine che d'ognuno di quei compagni, bambini come me, avevo coltivato a quel tempo nelle mie fantasie di condiscepolo, gli "zinali" o grembiuli neri che portavamo, la rete di ferro che divideva il cortile della nostra ricreazione dall'irraggiungibile mondo di fuori (l'umile e prospiciente e popolosa via dei Volsci), alcuni sommersi, dimenticati ed ora ritornanti episodi della nostra piccola vita di allora volavano su quel ritmo, le parole stesse cercavano la rima, da questa e con questa suscitando altre parole e immagini: da "diverso" passavo a "perso", da "collegio" passavo a "privilegio" ... Il che corrispondeva, fra l'altro, a verità essendo io stato ammesso in quel modesto istituto con una sensibile riduzione della retta per intervento della Casa di S.M. la Regina alla quale mio padre, infaticabile e forse impareggiabile epistolografo, aveva indirizzato una specie di supplica debitamente chiamandola col titolo di GraziosaRegina prescritto · del cerimoniale: In quel pontificio collegio Di quell'Italia fascista Ammesso per privilegio Della graziosa regina GiovanniGiudici - 97

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