bottega Di corno in corno e tra le cime e 'l basso si movien lumi, scintillando forte nel congiungersi insieme e nel trapasso: E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non è intesa, così da' lumi che lì m'apparinno s'accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l'inno. Riflettiamo su quest'ultimo verso. Esso ci suggerisce un concetto. molto importante: ossia che la comprensione logica non è poi tanto indispensabile quando vi sia una comprensione - un'intelligenza - emotiva; e che, per tornare alla lingua della poesia, questa è paragonabile a una lingua straniera, o quanto meno strana, a capìre la quale non servono o comunque non bastano i comuni strumenti intellettuali se non vi sia anche un certo coinvolgimento di facoltà sensorie. Una poesia che tutti conoscono come L'infinito di Giacomo Leopardi è, concettualmente parlando, chiarissima; le cose che essa dice o sembra dìre potrebbero essere facilmente volte in prosa da un qualsiasi scolaro, ma noi sappiamo che a questo punto non ci darebbero più l'emozione leggendaria che ci suscita il testo del poeta. E ciò significa appunto che L'infinito, e dunque ogni poesia o poema degno del nome, è qualcosa, anzi molto e moltissimo di più di quel che dice: è, infatti, e perentoriamente, quel che è. Quel che è: ecco perché una poesia è una cosa, nata da una misteriosa alchemia, da una specie (oserei ipotizzare) di Transustanziazione dal semplice dire a un ben più complesso e concreto essere. Rispetto al dire della lingua di comunicazione che esso utilizza, il poema si carica dunque di un sovrappiù che è peraltro essenziale; e laddove questo sovrappiù non ci sia, non c'è neppure il poema. - L'interrogativo che ora inevitabilmente si presenta riguarda il come tutto questo avviene; ma se a tale interrogativo fosse possibile rispondere in modo sistematico e univoco sarebbe anche possibile, forse, spiegare quel che fin dall'inizio ho dichiarato di non poter spiegare, cioè comesi costruisceunapoesia, anziché ripiegare sul tentativo meno ambizioso che è questo brancolare alla ricerca del soggetto-poema in atto di costruire se stesso sia pure con l'assistenza (che paragonerei un po' a quella di una levatrice) del personaggio chiamato poeta. "No son omo de gran teorie", dìrò citando il mio caro Giacomo Noventa; e dovrò limitarmi dunque a raccontare qualcosa che sia successo a me ... 96 - GiovanniGiudici
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