Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

bottega Giovanni Giudici Come una poesia si costruisce Un certo timore ci trattiene, spesso, dal rovistare fra le vecchie carte; eredità d'altri tempi e d'altri luoghi e di "defunti" che in qualche caso siamo noi stessi; messaggi di cui sono spariti i mittenti e che pervengono a non previsti destinatari ... Una di queste vecchie carte fu per me, una dozzina d'anni or sono, una breve letterina che dal collegio avevo scritto a parenti, nonni e zii, rimasti nel mio lontano paese di mare. La rilessi con una sorta di distratta curiosità che corrispondeva alla distratta diligenza (o ubbidienza a una doverosa consuetudine) con cui l'avevo scritta: c'era, fra l'altro, il solito "io sto bene e così spero di voi" tipico di ogni lettera in cui non si abbia niente, o quasi niente, da dire. Eppure quelle brevi righe, tracciate in una grafia infantile che tentava di mascherarsi da adulta, fecero scattare in me un meccanismo di assimilazione: le parole remote parvero sovrapporsi, come un vecchio abito ancora in buono stato, a una mia condizione presente alla quale davano voce. Voglio dire che, quasi istintivamente, mi trovai a trasformare quell'ingenua e piatta letterina in una poesia che intitolai Asilo e che inclusi nel mio libro O beatrice. Eccola: Voi come state - io bene, non vedo l'ora di rivedervi. Qui non è il manicomio ma· dicono una casa di riposo per i deboli di nervi. È vero che non c'è il mare. È vero che parlano diverso. Forse è per questo che sono sempre melanconico. Ma sta zitta, cara mamma, che quasi mi ci sono abituato. Tutte le sere giochiamo a tombola. li giorno giochiamo sul prato. Come può vedersi, la situazione della "prima persona" che qui parla o scrive non è esattamente quella del bambino che tanti anni prima aveva scritto la lettera; e non soltanto perché quel "cara mamma" Giovanni Giudici - 93

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==