Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

discussione la sua più adeguata rappresentazione temporale: non più il violento desiderio di Faust per il futuro, ma lafantasticheria, che riorganizza liberamente passato, presente e futuro senza più distinzione. La spaccatura tra due tempi diversi, e due vite parallele, si è allargata. 5. La fantasticheria è il nocciolo del "flusso di coscienza" di Leopold Bloom nell'Ulisse, che è l'ultimo testo in questione. Il flusso di coscienza, si sa, non ha a che vedere con la coscienza, quanto con ciò che viene di solito definito "preconscio": il grande contenitore degli innumerevoli "possibili Sé" di ogni individuo: ciò che egli avrebbe voluto essere, o essere stato, ma, quale che ne sia la ragione, non è. Da questo punto di vista la fantasticheria di Bloom completa la separazione tra un tempo "oggettivo" e "pubblico" e la sua versione "soggettiva" e "privata". Quest'ultima, la cosa va da sè, è ormai ritenuta di gran lunga la più interessante delle due: la vita come "attualità" è divenuta assai meno significativa di quell'altra forma parallela di esistenza, la vita come "possibilità". Ma la principale innovazione joyciana a riguardo, una mossa che costituisce un tipico paradigma modernista, è che egli è riuscito a dissolvere ogni nesso tra "possibilità" e "angoscia". Il legame tra le due cose era ancora, nonostante tutto, assai forte in Goethe (basta pensare al confuso sovrapporsi di "streben" e "Sorge" nel Faust), in Kierkegaard, in quella straordinaria e dolorosa esplorazione della logica di una "possibile seconda vita" che fu il romanzo ottocentesco di adulterio (di cui Flaubert fu, naturalmente, un maestro). Nell'Ulisse l'adulterio è divenuto un passatempo innocuo, e gli esperimenti modernisti di cui il romanzo pullula, anche i più estremi, possono senza dubbio sbalordirci, ma non evocano più nulla di minaccioso o angosciante. Come è stato possibile che si sia dissolto il nesso di "possibilità" e "angoscia"? Il notevolissimo indebolimento del senso di colpa che ha avuto luogo nel nostro secolo è certamente una parte di risposta; ma forse è successo anche qualcos'altro. Le "possibilità" di una "seconda" vita producevano angoscia perché costituivano una sfida a ciò che era "reale", "attuale": costringevano a riesaminare con severità la propria "prima" vita. L'immaginazione, dal prosaico mondo vittoriano, era presa assai sul serio: nella misura in cui era una promessa, era anche una minaccia. Tutto ciò comportava un bel po' di disagio e di rigidità - nonché di angoscia e colpa - ma appunto perché i prodotti dell'immaginazione costituivano una fonte d'ispirazione per trasformare la "prima" vita, quella "attuale". È giusto questo feedback, questo ritorno dell'immaginazione sulla realtà che ha smesso di funzionare nel nostro secolo. L'immaginazione modernista è incomparabilmente più libera, ironica e sorprendente di quella ottocentesca - ma può esserlo perché lascia la nostra 90 - Franco Moretti

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