discussione Giuseppe Pontiggia Il letteratoe l'inesistenza C'è una paura che segue il letterato come la sua ombra: quella di non esistere. Il dramma comincia prima dell'esordio. È il periodo della clandestinità. Il letterato si rende cont9, parlando con i suoi colleghi immaginari, di non esistere. A volte lo dice lui stesso, con quel finto coraggio che nasce dal panico del pericolo e che ci consegna indifesi al sorriso del nemico. Fosse più esperto, tacerebbe, come fanno certi letterati sornioni che fondano sulla loro inesistenza appartata il loro diritto di esistere. Ma non sarebbe un esordiente. Il caso si riveleràperò più grave, anche se non più serio, di quanto appaia all'inizio. Perché il letterato lotta tutta la vita con il problema della inesistenza. Vedendo il suo nome stampato per la prima volta, si accorgerà, dopo attimi di immortalità, che neanche questo basta per esistere. Molti tra i suoi colleghi non l'hanno letto. Molti lo ignorano con indif- • ferenza. A questo punto delega il suo diritto di esistenza a una pubblicazione successiva. Se è un poeta, a una rivista importante. Oppure allapresentazione di un critico. Infine alla plaquette. Ma il senso della inesistenza non si attenua con il passare degli anni, anzi si accentua. Cambiano solo le circostanze in cui si manifesta, stringendo silenzioso il cuore del letterato. Pochi vi si sottraggono. Ci sono i censimenti periodici della sua esistenza. Ma sono appuntamenti drammatici: antologie, dizionari, recensioni, citazioni, bilanci, constmtivi, premi. Ogni volta il letterato rimette in discussione il suo destino. In questo la sua condizione assomiglia a quella dell'adolescente, cui basta un giudizio altrui per pensare di sè o il meglio o ilpeggio. Questa caratteriGiuseppe Pontiggia - 81
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