raccontiitaliani fermieri. Prese la sua mano. Brava, non stai piangendo. Non è il momento. Lucida, lucida assolutamente. Fare tutto il necessario, e bene. È l'unica speranza. C'è tempo dopo per piangere. Lo guardò di nuovo in faccia. Era vecchio, ora. Rugoso. Babbo. Babbo. Fate presto, con questa ambulanza. Sentì la frenata improvvisa. Fu spostata, quando tirarono fuori la barella. La seguì dentro l'ospedale, finché non fu fermata da una suora. - Aspetti qui - le disse, - le faremo sapere qualcosa, appena possibile. - Clara si lasciò cadere su un divano e si guardò intorno. Nient'altro che un corridoio spoglio e bianco, così vecchio da non sembrare pulito. Solo una donna, in fondo, con un fazzoletto in testa e un brutto cappotto. Chissà che ci faceva lì. Lei e tutti quelli che non si vedevano, ma che erano dentro altri corridoi, o stanze, o nei letti. Le mille storie di un ospedale, di chi ci soffriva, di chi ci lavorava. Di chi stava come lei su un divano, ad aspettare, e nella disperazione riusciva anche a pensare ad altro. Aspettare e nient'altro. Se non rigirarsi fra le dita, come un rompicapo, il senso della propria impotenza. Si piegò in avanti, stringendo le braccia intorno alle gambe, fino a toccare col viso le ginocchia. Ma non sentì lacrime. Il dolore e la tensione non riuscirono a sciogliersi. Cercò di vedere qualcosa oltre la porta dove era sparito Antonio. Il corridoio pareva continuare uguale. Ritornò a piegarsi. Il ticchettio del suo orologio si mise a scandire immagini dentro di lei. Morire o vedere morire. Era stanca. Sconfitta. "Giovanni, aiuto, arriva, salva il babbo". Quando era bambina non moriva nessuno. O meglio, lei non se ne accorgeva. Era felice. Ma indietro non poteva tornare. E allora, forse, era meglio invecchiare. Rimbambire. Basta. Sfocò i pensieri, fino a lasciare solo il disegno della graniglia del pavimento. Babbo. Qualcuno si avvicinò a lei. - Scusi, lei è parente del signor Castellari? - Alzò il viso e vide il dottore fermo davanti a lei. - Sì, sono la figlia. - L'uomo aveva le mani in tasca, Clara capì il suo imbarazzo. - Mi dica la verità, la prego, - gli disse. - Mi dispiace, signora. Molto. Abbiamo fatto quanto era possibile. Ma ormai non c'è più nulla da fare. Sta morendo. Se vuole lo può riportare a casa. Mi dispiace, davvero. - Giovanni. Giovanni. - Sì, credo che lo preferirebbe anche lui. - Si alzò. Vide il telefono, vicino alla porta d'ingresso. Aveva un gettone. - Vittoria, sono io. - - Come sta il signor Antonio? - - Non c'è più nulla da fare, lo riporto a casa. - Non le lasciò il tempo di dire niente. - Ha parlato con Giovanni e mia sorella? - - Con suo marito no. È fuori per lavoro. - - Non importa. Lo cercherò io quando arrivo. Prepari il letto. - - Signora, mio dio .... - - No, Vittoria, ora no. - E riagganciò. Le figure si sfumavano davanti ai suoi occhi come nuvole lente e anche la luce scemava come fosse il crepuscolo. Non capiva bene che stesse accadendo, se fosse la sua vista che cedeva o il suo cervello che non riusciva a 78 - Giorgio van Straten
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