Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontiitaliani - Ma non lo vedi che si portano via tutti i carichi? - gli rispose il compagno dall'altra parte del tavolo. - Che dici, Antonio? - Lui non riuscì che a muovere la mano nell'aria e si sottrasse al giudizio. Doveva uscire, doveva andare via di lì. Si alzò. - Se aspetti puoi entrare alla prossima, Giulio se ne va. - - No, grazie, torno a casa - rispose. - Ma ti senti bene? - - Certo, certo, sono solo stanco. - A casa. A casa. Potere arrivarci, tornare a sedersi. Lentamente fermare la ruota vorticosa delle immagini, recuperare il senso della realtà. Sentì delle fitte nel petto e alla spalla. Dio mio. Come le altre volte. Di nuovo. Dolore. Molto. Ancora un infarto, l'ultimo. "Dio mio, fa che non sia così" cercò di pregare. Forse barcollava, forse lo vedevano tremare. O pensavano soltanto alle loro carte e non lo avrebbero nemmeno notato. Si appoggiò per un momento allo stipite della porta, poi si staccò di lì e andò verso l'uscita, passando di fronte al banco del bar. - Arrivederci, signor Antonio, - gli disse Nora, la moglie del proprietario. Lui non trovò neppure la forza di rispondere, portò solo la mano al cappello, che non si era mai tolto, e già gli sembrò troppo. Dentro il suo petto sentiva il cuore che saltava come un fuoco d'artificio, ma senza rumori e colori, a parte il ronzio delle orecchie. Spinse la porta a vetri, respirò l'aria fresca e gli parve di riaversi. Un attimo. Un sogno. Poi sentì le gambe che cedevano come carta e uno schianto dentro di sè. Immagini incomprensibili gli corsero nel cervello. Volti. Pensieri. Luci. Video nero. Udì qualcuno che gridava e crollò sul marciapiede. Sprofondò nel buio. Decise di passare dal paese. Era più lunga, ma non se la sentiva di piombare in casa d'altri senza mettere nel mezzo almeno il suono del campanello. Se avesse preso il viale ~terrato, invece, sarebbe arrivata al cortile della villa e quindi in cucina con un silenzio da ladro o da familiare, e lei non era più nè l'uno nè l'altro. Guardò fuori dal finestrino l'aria del pomeriggio fredda e fumosa dei casolari sparsi nella campagna. "Ci siamo, Giulia" pensò. Stava andando a parlare col vecchio, si era finalmente decisa. Meglio interrogarlo direttamente che continuare a chiedersi che potesse pensare. O domandarlo a Francesco. Eppure se quella strada non fosse mai finita, se non fosse mai arrivata, lo avrebbe quasi preferito. Rallentò. "Non avere paura, non tocca a te. Non hai che da fare domande". Aveva anche pensato di scriverle, per essere più sicura. Ma poi le era venuta in mente la scena ridicola di lei che tirava fuori il fogliolino e cominciava a leggerlo. No, non era proprio il caso. Il paese la sorprese avvolta di pensieri, il viso caldo del riscaldamento dell'auto. Posteggiò )a macchina a pochi metri dalla porta d'ingresso della villa. Niente da fare, era arrivata. Mentre scendeva decise di prendere tempo e un caffè. Il bar era poco distante, in cima alla strada. Notò appena quel gruppo di persone fuori dalla porta e il loro agitarsi. Pensava a altro. All'aria fredda che respirava, anche. E a ciò che faceva. Al suo lavoro. Alla sua casa. A Francesco. A come le sarebbe piaciuto accoccolarsi per terra, col caldo di una stanza e di un tè. Camminava senza fretta, distratta, quando sentì la sirena. E poi anche i rumori della gente che correva, che si parla76 - Giorgiovan Straten

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