Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontiitaliani - Non credo che torni. Forse quando sarai grande. - Giuseppe si fermò. - Beh, ora devo andare. A mangiare. - - Ciao - gli disse Antonio. - Ciao. - Giuseppe si voltò e cominciò a correre. Antonio non lo guardò che un momento, poi tornò a rivolgere gli occhi verso la villa, vicina. Ancora dieci passi, ancora nove. Che altra risposta avrebbe potuto dargli per fermarlo? Pazienza non c'era niente da piangere, nulla di triste. Non si finisce così alla svelta. Le parole. I ricordi. La gente. Bastava aver capito, morire in pace. Aprì la vetrata e fu in casa. Quanti pensieri si possono avere in testa, e tutti insieme. Filippo, Giuseppe, il brodo caldo che sarebbe stato il suo pranzo, il tempo, la voglia di orinare. Il sudore freddo della sua fronte. La malattia. Riflettè, scelse il brodo caldo e entrò in salotto. Guardava spesso la televisione, come si guarda un cane disteso al sole, per passare il tempo e tutte le immagini le scorreva così lievi attraverso gli occhi da non fermarsi mai nella mente. Le dimenticava, era incapace di ricordare ciò che aveva visto anche pochi attimi prima. Ma lo schermo e il succedersi, quasi ritmato, delle figure, dei suoni la affascinavano, fino a ipnotizzarla, a estraniarla da quanto le accadeva intorno. Quelle immagini non le capiva, ma le avrebbe seguite dovunque. Sognava altro, ma dentro la televisione. Così Vittoria quasi sobbalzò quando qualcuno la toccò sulla spalla. - Vittoria, stava dormendo? mi scusi, - le disse Antonio. - No, si figuri, pensavo solo. - - Volevo avvertirla che esco. Lo dico a lei perché non trovo nessun'altro in casa, neppure mia figlia. - Vittoria cercava di scacciare la nebbia dagli occhi e dalla testa. Ascolta, ti sta parlando. - Deve essere in bagno, la signora, - rispose. Antonio guardò distratto lo schermo. Dentro il lento muoversi di gente in uno studio. Parole sparse. - Se lo potesse dire anche alla signora - aggiunse Vittoria, - forse sarebbe meglio, non vorrei che si preoccupasse per lei. - - Finirei per discuterci, inutilmente, lei lo sa. Del resto anch'io che devo fare? - Vittoria lo guardava e non sapeva che dirgli. Discorsi strani. Era come se parlasse da solo. - Non è semplice scegliere come passare il tempo, quando ne resta poco, - riprese Antonio. Lei provò a interromperlo. - Come poco ... - Antonio alzò una mano e lei sentì che era un ordine. Poteva solo ascoltare, se voleva. Quando, prima, nella sua vita, lo aveva sentito parlare se non di quello che doveva fare, o del freddo e del caldo, o di caffè? Ascoltalo. Zitta. Lascia che ti spieghi qualcosa di Antonio Castellari. Il padrone. - Quando andavo alle fiere, da giovane, mi capitava spesso così. Pochi soldi e tanti giochi, dolci, ragazze. Si andava in giro, si guardava, io e i miei 74 - Giorgio van Straten

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