raccontiitaliani stancava e lo tranquillizzava, lo copriva come una coperta. Teneva le mani unite dietro la schiena e si sentiva ondeggiare leggermente. Per un ingannevole momento gli sembrò di star meglio. Poi sentì il suo cuore pesante salirgli ancora a ondate nella gola e decise di muoversi lentamente verso la casa. Non riusciva che a pensare ai suoi passi. A muovere i piedi. Uno e poi l'altro. Non vedeva il resto, nemmeno il bambino che, fermo in mezzo al viale, sembrava aspettarlo. Quasi gli finì addosso. Lo evitò all'ultimo, scartando di lato e si arrestò, guardandolo. - Ciao - gli disse. E pensò chi potesse essere, un bambino piccolo, lì intorno. Il nipote di Quintilio, di certo. - Buongiorno - rispose il bambino. - Sei il nipote del Nepi, vero? - Fece sì con la testa. - E ti chiami? - - Giuseppe, signor Castellari. - Era rosso in faccia. Per il freddo o per l'imbarazzo. Doveva avergli fatto paura, prima, quando non vedendolo, lo aveva quasi urtato. Antonio gli si avvicinò e gli toccò la testa con la mano. Quanti ne aveva visti di bambini come lui, quanti in tutti quegli anni. Anche il suo babbo, di sicuro. - Sei cresciuto, non ti riconoscevo quasi, e tu invece riconosci me. - - Ma lei la conoscono tutti. - Giuseppe sembrò soddisfatto di questa sua risposta. - E la scuola, oggi? Hai deciso di farne a meno? - - No. Oggi c'è sciopero. Festa. - Antonio rise. - Non sono proprio uguali una festa e uno sciopero. - Giuseppe lo guardò sospettoso. - Ma per noi è uguale. - - Questo è vero - gli rispose Antonio. Giuseppe non disse altro, ma rimase fermo, in mezzo alla strada, saltellando da un piede all'altro. Antonio avrebbe voluto che restassero insieme per ore. Lì, sotto il campo, il bambino e lui, il padrone. Ma padrone di che? Meglio contadino, vecchio, curvo e stanco, ma con un nipote vivo. Si continua, si va avanti. No, non poteva rassegnarsi a vedere finire tutto con lui. La serenità di un'inchiesta conclusa, di una vita compiuta si stemperava nei colori opachi del vuoto. I ricchi sono poco fecondi. Deve essere il denaro a rendere sterile il seme. O il cervello. - E giochi da solo? - - Prima no. Sono stato su in paese a giocare con i miei amici a pallone. Ma mi diverto anche così, tanto d'inverno qui non ci vengo quasi mai. - - Se sei solo, perché non mi accompagni fino in cima, alla villa? Mi fai compagnia. - Antonio cominciò a camminare e lui lo seguì, come un cane storto e indeciso, ma curioso. Antonio non poteva più parlare, per lo sforzo dei passi, e sperò che dicesse qualcosa Giuseppe. "Che non sia come Quintilio, che parli" pensò. Silenzio. Fino all'ultima curva. Poi lo toccò sulla gamba. - Se1 il nonno di Filippo, te? - gli chiese. - Sì. - - E non torna più? È simpatico, mi piacerebbe tornasse. - Giorgiovan Straten - 73
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