Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontiitaliani IV "Sarà l'alba" pensò. Fuori dalla finestra, il nero variegato del buio era appena increspato sull'orlo delle colline da pochi spilli di rosso. Antonio non aveva quasi dormito e alla fine aveva preferito all'agitazione del letto un movimento reale. Si era infilata la vestaglia, era andato alla finestra e avava aperto gli scuri. Ora stava lì, a pensare, se così almeno si poteva definire quel lento sviluppo di immagini diverse, indipendenti fra loro, come fotografie mescolate. L'autunno era arrivato, ma senza portargli il sollievo degli anni precedenti. La sofferenza estiva, intervallata da brevi e ingannevoli riprese, si prolungava in quella stagione limpida e fresca. Forse stava per morire e tutto sarebbe finito, senza angoscia, così come si era conclusa la sua inchiesta, due mesi prima. L'orologio segnava le cinque e mezzo. Antonio tornò indietro e si lasciò andare sulla sedia, accanto al letto. Poi si passò una mano fra i capelli, cercando di ravviarsi i pensieri. Erano già passati due mesi da quando aveva parlato con Giulia, doveva chiamarla, le aveva promesso molte risposte. Due mesi. Già due mesi. Mancavano trenta giorni a Natale, ma anche quella non era più una data da ricordare, nessuno faceva più l'albero e i doni non erano ormai che una pessima abitudine. Altra data da cancellare, come il compleanno di Filippo e quello di Lina e il loro anniversario di matrimonio. Fra poco avrebbero tolto anche il suo nome. Fine. Punto e basta. Arrivava la morte, parola grossa, Antonio, ma tanto attesa da non fargli molta paura. Si sentiva tranquillo, nonostante il dolore che lo opprimeva e lo schiacciava. Lo squassava dentro. Così com'era, con la vestaglia addosso, si distese sul letto e unì le mani sopra il torace. Il soffitto saliva e scendeva col suo ritmo cardiaco. Poi gli sembrò che qualcosa cambiasse, mentre un chiarore nuovo entrava dalla finestra e il profilo del giorno si affacciava dal balcone a guardare dentro, a scrutarlo negli occhi. Sentì i suoi muscoli rilassarsi e le mani separarsi e scivolare sui bordi del letto. Si lasciò sciogliere in quel senso di quiete e capì che stava finalmente riposando. Quando guardò di nuovo l'ora erano già le otto passate. Sciopero, niente scuola oggi. Felice. Come Luigi, Renzo, Marco, che corrono a casa, loro stanno in paese. Fa freddo, fuma la bocca, ma a correre passa. Perché a casa? Si può giocare tutti insieme in piazzetta. La palla l'ha Franco a casa sua, qui vicino. - Va' a prenderla, corri - gli gridiamo tutti. - Torno subito. - - Vai. - - Sbrigati. - - Ti s'aspetta. - Festa. Festa come a Natale. Col cappone e le patate. Spero sia presto. E anche i regali. Franco è tornato, ci si divide in due gruppi. Cinque contro cinque. Per terra è quasi ghiacciato. È presto, è festa. Si può giocare tantissimo. - Chissà che dirà il mio babbo, dice sempre che tutti scioperano tranne lui - dice Luigi. - Ma mica hai scioperato te, scemo - dice Marco. Risate. E si comincia a 70 - Giorgio van Straten

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