raccontiitaliani - Allora, Michele, non si sta bene, qui al sole, in panciolle? - - Certamente, signor Castellari, è un fortuna per me quando mi manda a chiamare. - Mirella, la figlia, la comunione, la televisione a colori. E sua madre, che ormai era morta, ma sarebbe stata contenta. Ma del suo soprannome non era rimasta che la emme con cui cominciava anche il suo nome vero. Diventava vecchio. Quasi riusciva a vederla. La soluzione. La risposta. O quello che era. Dentro i finestrini delle auto, sui cofani caldi di sole, sulle cromature, sulla piazza grigia d'asfalto e azzurra delle linee del posteggio. In tutti i punti in cui si perdeva il suo sguardo intravedeva la fine della sua inchiesta. C'era quasi riuscito perché ormai vedeva Filippo e lo sentiva di nuovo vicino. Ma se cercava le parole, se insieme al caffè della tazzina inghiottiva le sue idee, allora tutto gli sembrava meno chiaro e definito. Lui capiva bene quali erano stati i problemi di Filippo, sentiva la sua impotenza e il lento cedere delle sue resistenze, tutto questo l'avrebbe saputo dire. Ma non trovava le parole per spiegare il perché. Che cosa rendeva Filippo diverso da Giulia e da tanti altri ragazzi come lui? Suo nipote era speciale, avrebbe voluto aggiungere: migliore, lo sapeva, lo sentiva. Ma in che modo? "Caro signor Castellari, lei deve portarci delle prove", "Ancora un momento, giudice". Giulia sarebbe venuta, per lei avrebbe dovuto trovare le parole che spiegassero. Per lei, non per gli altri di casa, che non gli avrebbero chiesto niente. Ma non solo per Giulia, anche per sè, per essere sicuro fino in fondo che le sue colpe non erano più grandi del rimorso e che se anche avesse saputo prima non sarebbe cambiato altro che il suo cervello. C'era un po' di vento, che entrava nella piazza dalle colline, come un cascata di soffi che re[\deva l'aria pulita come una cucina prima di Pasqua. Antonio seguiva distratto il via vai delle macchine, e a volte le contava o si ripeteva i loro colori e le marche. Poi vide l'auto e Giovanni e Clara e fece dei versi per farsi vedere, ma non capì se vi fosse riuscito. - Michele, è mia figlia, valla a chiamare - disse, e lo guardò mentre si alzava e correva verso l'auto. Incerto si chiese se a Michele quel lavoro extra piacesse o lo facesse solo per i soldi. Stava così zitto, persino piu di lui che in macchina e in treno si perdeva sempre dietro i suoi pensieri. Chissà, forse pensava molto anche Michele. Vide Giovanni che si fermava e Clara scendere e venire con lui verso il bar. Sorrideva, sembrava felice. - Ciao, babbo. - - Salve - rispose Antonio, rivolto anche a Giovanni. - Che fai, qua in città? - gli disse lui. Clara, imbarazzata, guardò verso il posteggio. Antonio avrebbe voluto sfiorarle una mano. Rassicurarla. Non ti preoccupare, so mantenere le promesse, non avere paura. Scosse il capo rivolto a Giovanni. - Niente, mi sentivo meglio e ho deciso di muovermi - gli rispose e sentì che Clara tornava a respirare tranquilla, a guardare il tavolo con sicurezza. Vide che teneva la mano a Giovanni, e si chiese se anche per loro fosse il giorno della serenità. Il sole, alto sulla piazza, tornava a illuminarli. Poter dipingere i colori d'intorno e i loro volti. Fermarli, ora. Perché il tempo passava e la famiglia finiva. 68 - Giorgiovan Straten
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