raccontiitaliani Due ore nel bar. È peggio non far niente che lavorare. Eppure gli altri alla fattoria gli avevano fatto i complimenti. "Fortunato te, ogni volta che ti chiama il padrone, non c'è niente che conti di più, nemmeno le spedizioni, i camion li lasci a noi e te te ne vai in giro in macchina. E poi ti tiri su due o trecentomila lire in più al mese". Quello era vero. Ma anche la noia ha un suo prezzo. E a casa Mirella che insisteva. Per la bambina che cresceva, per la comunione, e poi qualcosa da parte per dopo. Accettava, continuava a portarlo. Il cameriere si avvicinò di nuovo e si sedette accanto a lui. - C'è calma, stamani. - Poi, dopo una pausa: -Ti porto qualcos'altro? - - No, basta, grazie. - Aveva già preso una spuma, un caffè e un bicchiere di vino. - Beh, perché quella faccia? Vorrei poterci stare io tutto il giorno seduto al tavolino, senza far niente. Mi sembra che sia proprio degno di un maragià, no? - gli disse il cameriere e si mise a ridere. Maragià. Era il suo soprannome da giovane. Per i suoi modi un po' altezzosi e le sue manie di grandezza. Sentiva dentro di sè una gran voglia di partire, di andare verso l'avventura, e intanto sognava la frontiera sull'aia di casa, ma con grande intensità. E il nome gli s'era infilato addosso e gli era rimasto intero, meno l'accento. Maragia. Così gli dicevano tutti e a lui gli sembrava che già un soprannome così fosse segno di distinzione e mantenne intatte le sue ambizioni, per tutto il tempo che continuò a non lavorare. Faceva il giro dei paesi d'intorno tutti sabati e le domeniche. A volte arrivava fino in città. Cinema. Vino. Una pizza. Poi la figlia di Arduino era cresciuta tanto da piacergli davvero. Lui l'aspettava, spesso, appoggiato al muro sotto casa sua. - Buonasera, bellezza - le diceva. E lei gli sorrideva e gli passava vicino, ma non si fermava mai. Così gli capitò di andare in giro il sabato e la domenica e di continuare a pensare a lei. La fermò alla fine, una delle tante volte che gli passava davanti. - Beh, com'è che non parli mai? Non ti va di fare due chiacchiere con me? - - No, non mi va, non mi piacciono i maragià senza soldi, - gli rispose. E tirò diritto. Forse fu allora, o forse l'aveva fermata perché aveva già deciso. Le avventure erano finite, senza mai cominciare. Giochi da ragazzi, sogni improbabili. Lui la voleva e andò a lavorare dai Castellari. Guardò il cameriere. - Ormai è tanti anni che non sto più con le mani in mano. Non ci sono più abituato. - E rise, cattivo. L'altro si alzò. - Arriva il tuo padrone, - gli disse. Michele si voltò verso la porta delle mura, che portava nel centro, e vide Antonio Castellari venirgli incontro. Lui fece per raggiungerlo. - Aspetta - gli gridò il vecchio, - rimani lì. Mi fermo un momento anch'io a prendere un caffè. - Michele tornò a sedersi. Luigi disse al cameriere - porta un caffè. - - Bene. - - Macchiato - aggiunse Antonio e si lasciò andare sulla sedia di metallo verde. Giorgio van Straten - 67
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