raccontiitaliani - Questo è il caso di Filippo? - disse Antonio e si accorse subito, quando ancora stava parlando, che quello sarebbe stato il primo errore commesso quella mattina. Lei lo guardò di nuovo ostile. - Non riesci proprio a pensare a altro? Mi chiedi amicizia e poi non accetti da me altro che la storia di Filippo. No, non è il caso di Filippo, te l'ho già detto, questo è il mio. Oltre il profumo dei fiori dello studio c'erano i gradini delle scale che scesero insieme. Giovanni le teneva una mano appoggiata sul collo e sorrideva, mentre correvano fuori del palazzo. Gli sembrava impossibile che non l'avesse ancora perduta, che fosse venuta. Se aveva resistito fino a ora c'era ancora speranza, si potevano ancora salvare. Si fermarono in una piazzetta, chiusa da vecchi palazzi e da un muro oltre il quale si vedevano delle punte di alberi. Clara si appoggiò a un portone, i suoi occhi si persero fra quei barlumi di verde. C'era silenzio e Giovanni pensò al frastuono che avrebbe fatto la sua voce, rimbombando fra i muri. Era meglio restare zitto. - È strano un giardino così grande, in centro. - Disse lei. - Non credere: ce ne sono moltissimi, chiusi, nascosti; a guardarla dall'alto la città è piena di macchie di verde. - Sembrava di essere a teatro, in ogni lato della piazza, dietro ogni finestra si sarebbe udita la loro voce. Giovanni sperò di avere pochi spettatori. - Mi hai fatto piacere, a venire. Stamani non riuscivo a combinare niente. - Lei si avvicinò e appoggiò il viso al suo petto. - Ti amo, Giovanni. - Lui la baciò sui capelli, chinando la testa, mentre le sue braccia la tirarono a sè, fino a fare toccare i loro corpi. Rimasero così, fermi e muti, fino a che non sbucò nella piazza una vecchia signora, con un cane. Giovanni la vide e si scostò, imbarazzato. - Che ti importa se ci pensa due amanti? Che c'è di male? - gli disse lei. - Vieni con me, - le rispose Le prese la mano, quasi tirandola. "Seguimi", pensò, "che stavolta ti guido io, e non dovrai cercare di capire il significato di uno spiraglio nella porta di un bagno, sarà tutto chiaro, ora". Lei rideva e lo seguiva docilmente, come se sapesse già dove andavano, come se lo avesse scelto anche lei. E videro le strade e le piazze e i loro piedi mentre camminavano, ticchettando sul selciato. E poi l'auto di Giovanni e la bocca di Clara mentre protestava debolmente (c'era anche la sua macchina, sarebbe dovuta tornare a prenderla) e il paesaggio fuori. Lei gli si appoggiò sulla spalla, quasi rannicchiandosi stretta al suo corpo, mentre risalivano la collina verso la villa. Imboccando il viale sterrato sentì le ruote digrignare sui sassi per la furia, tre curve e erano arrivati. Si fermò accanto alla casa, e gli sembrò che la loro casa fosse in quella piazza del centro, che non si fossero mai mossi. Solo non c'era nessuno a sentire o a vedere. Non vecchie, e di cani soltanto uno, conosciuto, silenzioso e fedele. Sbatterono gli sportelli e si precipitarono dentro. "Chissà se è tornata Vittoria". Poi su per le scale. La camera. Il letto. Lei guardò verso la finestra. - Vieni - le disse - non importa che tu chiuda le imposte. - Giorgiovan Straten - 65
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