Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontiitaliani La strada la portò giù in un attimo dentro la città ancora lucida d'acqua, solo un sussulto quando passò accanto al sentiero che risaliva il bosco, dove avevano trovato Filippo. Tutte le volte era così. Poi le case iniziarono a scorrere rapide e fitte ai lati della strada. Sfiorò con lo sguardo negozi e persone, cani e vetrine. Abbassò il finestrino, mentre rallentava nel traffico e respirò il fresco di fuori. Una nuova vita. Da capo. Di nuovo. Oggi. Ricominciare a respirare, perché Filippo non era solo il suo suicidio. Posteggiò nella piazza, fuori le mura, e rispose al cenno di saluto che Michele, l'autista del babbo, gli indirizzò da dentro il bar. Poi prese a camminare veloce, risalendo verso il centro, sgusciando tra le persone come in una gimcana. La stava aspettando, la accettava, aveva forse capito quel che voleva. Le mani di lui si muovevano nei suoi occhi, la bocca nella sua testa. "Sto arrivando, sto arrivando". Entrò da un tabaccaio, comprò le sigarette, se ne accese una. Il sole le calava dal cielo, sopra la testa finalmente ricco di ombre, senza l'opacità dell'afa. Avrebbe anche corso, se non avesse temuto di esser presa per matta, ma camminò più veloce che potè, poi si lanciò nel portone e salì le scale quasi a salti. In cima appoggiò la fronte sulla porta, ansimò un momento, fece un sogno, pensò alla sua vita e sonò il campanello. "Sto arrivando, sono qui". - Non posso parlarti che di fatti piccoli e solidi, di un rapporto normale. - - E del viaggio di Filippo - chiese Antonio - di quello che mi sai dire? - Giulia giocava col bordo del bracciolo della poltrona. - Poco, quasi nulla. Nient'altro che la decisione strana di non fare le vacanze insieme. - - E i motivi? - - Sembrerò stupida, ma non glieli ho mai chiesti. - Antonio la guardò. Pensò che anche se non era bella, lui capiva perfettamente perché era piaciuta a Filippo. E perché piacesse ora a lui. Aveva i capelli biondi, fini e folti come quelli di un bambino e il viso affilato e scuro. - Ma tu avrai uria opinione sul perché l'ha fatto. Il viaggio, voglio dire. - - Avevi detto che le mie idee non ti interessavano. - Lui le sorrise. - Puoi fare un'eccezione? - - Un viaggio. Un viaggio può essere molte cose diverse. A te questa parola che fa venire in mente? E a Filippo? Io non sono mai stata nella sua testa. Per me può essere ..... Forse è meglio farti un esempio. Ti è mai capitato di partire di sera, già col buio, magari con un po' di freddo e nebbia? Tu sai benissimo che il giorno dopo, o due giorni dopo, tornerai indietro, eppure ti senti subito lontano, come isolato dentro la macchina e non riesci a pensare a casa tua se non come a qualcosa di distante e estraneo. Finisci per sentirti quasi naufrago, quasi eroico o triste, il tuo viaggio ti appare come una fuga dalla realtà comune della tua esistenza. E allora ti viene da pensare, mentre passi davanti a case ignote e illuminate, e se mi fermassi? Se scomparissi dentro la luce di una finestra, nell'anonimato di questo buio che non mi conosce? Se tutti i problemi che ho in testa e che girano, girano continuamente, li cancellassi così, andando dove nessuno sa chi io sia, se mi annullassi in una vita anonima come non è più la mia? Anche questo è un viaggio, mi pare. - 64 - Giorgiovan Stratèn

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