Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontiitaliani - Lei sa perché. Comunque sto bene. - Si era di nuovo dimenticata perché aveva accettato di parlargli, ora sapeva solo le ragioni del rifiuto. Sembrava Filippo. Solo era più deciso e sicuro. - Non mi davi del lei prima. Ma fa come vuoi. - Scosse la testa -Non sono venuto per questo, comunque. Per i convenevoli, voglio dire. Tu lo sai, è un anno che sto facendo del mio meglio per cercare di capire perché Filippo si è ucciso. Ho parlato con i suoi amici, con il commissario che ha fatto l'indagine, con tutti quelli che potevano sapere qualcosa. E credo di aver quasi capito. - Giulia cambiò posizione sulla sedia e smosse i giornali che stavano sul tavolo basso che li separava. Lo aveva sentito mentire, era sicura che era molto più indietro di così, era imbarazzata per lui. - Ma alcuni fatti vorrei saperli da te. - - Non so niente che le possa servire. Che ti possa servire. - Antonio agitò una mano verso di lei. - Questo non lo puoi sapere - le disse. - E invece forse lo so. Perché so che un suicidio è un suicidio e non si spiega, se non con un mucchio di frasi fatte. - Lui la guardò come se già avesse saputo che gli avrebbe risposto qualcosa del genere. - Sono venuto a farti delle domande su dei fatti e tu mi parli delle tue idee. Io le rispetto, ma non le voglio discutere. Voglio parlare di te e di Filippo. - Lei lo sapeva questo e forse era il solo motivo che poteva spiegare perché aveva accettato di parlargli, il resto nasceva solo dal suo orgoglio e dalle sue paure. Nè la certezza di essere più forte, nè l'insicurezza dei suoi sensi di colpa, ma l'attrazione sottile per l'amore che Antonio mostrava verso le cose concrete, le persone, ciò che si vede e si sente. Anche lui poteva certo non capire, ma almeno sapeva di che parlava. - D'accordo, cominciamo pure - gli disse e per la prima volta da che era entrato lo guardò negli occhi. Incerta posò la mano sul telefono. "Sono Clara". L'inizio era scontato e facile, il resto meno. Ma lo avrebbe chiamato, questo era deciso. "Sono Clara". Sperò che non avesse molto da fare e compose il numero. Rispose lui. - Giovanni? Sono Clara - gli disse. Aspettò un momento, una pausa impercettibile, poi continuò: - Vengo giù, in città. Se tu potessi, mi piacerebbe che stessimo un po' insieme. Come stamani, nel bagno. - Un attimo di silenzio, anche questo brevissimo. - Ti aspetto. Non c'è gran che da fare qui, - le rispose. Clara sentì come un bruciore buono che gli saliva per il petto e la gola. - Tra mezz'ora sono lì. - Riappese il microfono. Dio che stupida, le batteva il cuore, come quando aveva le trecce. Ma era contenta, aveva fatto bene a dare retta a Custer, alla sua calma, al suo amore per la vita e per gli ossi. Corse su per le scale. Si ravviò i capellì e sperò di essere bella, di piacergli. Dio che stupida, ma lo amava ancora. Giorgiovan Straten - 63

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