bottega do come possano stare insieme: Tozzi, Alain-Fournier, Proust, Kafka (e questo è forse l'unico giusto), addirittura di recente, per il mio ultimo libro, Faulkner. Quando ho obbiettato ad alcuni miei amici critici che non vedevo nessuna dipendenza da Tozzi mi è stato risposto che per lo meno nei primi racconti, che poi sarebbero quelli del Capofabbrica, una dipendenza c'è. Penso che volessero basarsi sui contenuti di quei pochi racconti: gli interessi familiari, i violenti rapporti fra i parenti. Ma mentre Tozzi ha vissuto in prima persona la sua convivenza col padre e il torbido ambiente creato da lui, io ho recepito quei drammi dai racconti di mia nonna paterna e di mia madre. Di ciò che ho scritto non ho visto mai nulla. Anche se tutto fosse stato vero nella realtà, io non ho veduto nulla, perchè morto mio padre quando avevo cinque anni e mezzo, fui allontanato con mia madre dall'ambiente in cui ero vissuto fino ad allora. Piuttosto se certe affinità ci sono, all'inizio, tra me e il grande scrittore senese, consistono nell'esser noi nati nella stessa terra (Colle Val d'Elsa dista da Siena pochissimi chilometri) e averne assorbito umori spesso esacerbati; aver letto fin da giovanissimi gli stessi antichi scrittori senesi; aver camminato per anni interi fra gli stessi antichi dipinti. Mi pacificai con Tozzi e ne compresi la sua enorme importanza quando verso i ventiquattro-venticinque anni lessi Kafka. Finito il Castello mi venne con grande lucidità alla mente Il podere che nel frattempo con più chiarezza avevo riletto. Il protagonista del romanzo di Kafka mi apparve quasi identico a Remigio del romanzo di Tozzi: ad ambedue viene negata senza pietà quella grazia di cui hanno urgenza. E forse lo scrittore senese in questo libro quasi sovrasta l'altro, perché porta su un piano altamente esistenzialeminuzie reali e di vita usuale: il campo, i frutti, il fieno, i contadini e la bestialità di alcuni di loro. Con dei trucioli, cioè, riesce a creare un universo. Ripreso a leggere Tozzi capii la sua statura mondiale, la sua importanza nella letteratura italiana nella quale ha scoperto vie universali. Per questo io mi sento molto perplesso quando vedo certe trovate editoriali con un bel paio di bovi di Fattori sulla copertina del Podere, quando leggo certi accoppiamenti di nomi, tipo Pratesi e Tozzi, perché Pratesi, al quale io stesso sono stato qualche volta avvicinato, mi sembra uno scrittore limitato, deleterio, toscano troppo regionale, che con Tozzi, anche se questi l'aveva letto, non c'entra per nulla. Se mai, pur ritenendomi molto inferiore a Tozzi, penso di appartenere alla sua stessa famiglia, di cui fanno parte anche Rosai e Viani: di coloro cioè che hanno rifiutato il bozzetto e il provincialismo che soffocavano drammi più atroci e hanno cercato di scavare nel tragico mistero della vita. Romano Bilenchi - 171
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