narrativae cinema XII Twist di trionfo dei Parenti tutti con osanna osanna al Corriere della Sera e appelli alle ombre di Balbo e di Schuster XIII Il Mater è ora un barbone, e da bravo barbone, vaga per il fango e la polvere della borgata, lungo il filo bruciante di sole dei grattacieli lontaru. È brutto, brutto eh 'etfa spavent, cola palandrana, i scarp che paren cos, la barbacia long de tre d1~ El gàfame, povareto. Mannaggia, non ciò un c... da magnà. Va parlando da solo sotto una scarpata, piena di manichini, di vasi da notte, bottigliette di medicinali, ovatta sporca di iodio, fondi di ceste marce, carogne di gatti coi dentini scoperti ... Finalmente trova un secchio di immondezza, e cerca lì dentro se trova qualcosa da mangiare. Arriva anché un cane, che ha le stesse intenzioni. Ma indugia un po', per ragioni di delicatezza, facendo finta di essere lì per caso, stirandosi, e leccandosi le labbra distrattamente. Ma il Mater gli fa posto, e così cercano tra l'immondezza insieme da buoni compari. Cercano, càpano, ogni tanto mangiano qualcosa: e, intanto, cominciano a scambiarsi qualche parola. Il Mater si sente vicino alla fine, e vorrebbe lasciare le sue ultime volontà a quel solo casuale amico delicato. Ma ... non ha "ultime volontà": non ha che il desiderio di averle... Cerca, cerca costernato dentro di sè, ma non trova parole per esprimerle, né come capitalista, né come barbone. Non sa niente, lui, non sa quello che gli è successo, non sa quello che è successo, e succederà, al mondo, quali siano le ragioni dell'ingiustizia, del dolore, dell'amore e della mancanza d'amore. C'è dentro, in tutto questo, ma non lo sa. Così muore, senza lasciare neanche una parola. Il cane, povero santo, mormora una preghiera (o se questo dovesse suonare vilipendio alla religione, un elogio funebre laico): poi se ne va, su per l'erba che incrosta come una rogna la scarpata. Questo soggetto è stato pubblicato su "L'Unità" il 6 dicembre 1964 e raccolto nel volume fuori commercio Gli seri/lori e "L'Unita". Ringraziamo la direzione del quotidiano per avercene concesso la pubblicazione. 168 - Pier Paolo Pasolini
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