apertura nere in bilico, con le proprie forze, il carico della sapienza. Il carico della propria sapienza? Certo. Non c'è maggior sapienza della propria. E dato che per noi la divisione del lavoro non esisterebbe perché incominceremmo per non lavorare o, in ultima analisi, per non accettare lavoro che fosse divisibile, il gruppo dei sapienti specializzati nelle più difficili discipline scientifiche non verrebbe alla nostra scuola e, meno ancora, ne uscirebbe. Noi non negheremmo il nostro rispetto e venerazione a questo gruppo di sapienti, ma non concederemmo loro importanza maggiore che non all'uomo ingenuo, capace di porsi spontaneamente i problemi più essenziali. * * * Intellettuali? Perché no? Ma mai virtuosi dell'intelligenza. L'intelligenza deve sempre servire a qualcosa, applicarsi a qualcosa, giovare a qualcuno. Se scoprissimo che l'intelligenza non serve a nulla, allora la esibiremmo ancora meno in esercizi superflui, sportivi, puramente ginnici. Che esista una ginnastica intellettuale che fortifichi e renda intellettualmente agile chi la esegue, è possibilissimo. Ma per noi sarebbe un'attività privata, tanto è utilitaria ed egoista, come mangiare o purgarsi, lavarsi o vestirsi, mai da esibire in pubblico. La ginnastica come spettacolo ha istupidito mezzo mondo e finirà per istupidire l'altra metà. * * * Di tutte le macchine che l'uomo ha costruito, la più interessante è, a mio parere, l'orologio, ordigno specificamente umano che la pura animalità non avrebbe mai inventato. Il cosiddetto homo faber non sarebbe veramente homo, se non avesse fabbricato orologi. E a dire il vero, non ha grande importanza che li fabbrichi; basta che li adoperi; meno ancora: basta che ne abbia bisogno. Perché l'uomo è l'animale che misura il suo tempo. * * * Le voci interiettive - parolacce, moccoli e bestemmie che tuonano sovrabbondanti nel linguaggio di alcuni dei nostri compatrioti - non · sono affatto come le voci espletive, di cui appare lastricata la prosa dei greci: né paracarri né cippi che ostacolano o limitano il pensiero, né elementi eufonici del linguaggio, né cardini logici sui quali possa girare il discorso, né scambi per cambiargli il binario. Sono piuttosto valvole di scappamento di un motore a scoppio. Esempio: "Perché io, corbezzoli! per l'impressione, porco cane, dissi: Cacchio! Che razza di schifo di materia fecale è questo? Perdiiio! !!" Quando studieremo con più agio questi fenomeni della lingua viva, ci saremo allontanati abbastanza dalla letteratura; ma non tanto, come forse pensate, dalla poetica. 16 -Antonio Machado
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