Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

bottega que. Ahimé! Il lusso sembra legato alla cultura in modo ancora più stretto quando è in gioco la letteratura. Dove ha condotto un Mauriac, la morale? Alla gloria, ali'Académie Française, al Premio Nobel, a delle rendite - credo - assai interessanti. Non è grazie alla morale che Sartre ha esercitato una grande influenza sulla giovane generazione? È anche un successo personale. E i rappresentanti della morale comunista, Neruda per esempio, non hanno forse conquistato - nell'immorale sistema capitalistico - belle case, onori, autisti, ammiratori, stanze da bagno, amore e mobili in stile? Le angoscie morali di Camus, non gli hanno forse procurato il Premio Nobel poco dopo i quarant'anni? Io non li condanno, li comprendo, anche a me piacerebbe avere belle case e collezioni, come Neruda. Ma non c'è niente da fare, per l'artista la morale è una specie di sex-appeal, attraverso cui seduce e si abbellisce, lui e le proprie opere. È meglio dunque che l'arte affronti questa materia delicata con la dovuta discrezione. Un'Arte esplicitamente moralizzatrice, o davvero troppo "nobile", è per me un fenomeno assai irritante. Certo, lo scrittore sia morale; ma parli di altro. Che la morale nasca per conto proprio, a margine dell'opera. Ciò che mi propongo nelle mie opere, è forse semplicemente indebolire tutte le costruzioni della morale premeditata, affinché possa esprimersi il nostro riflesso morale immediato, il più spontaneo. D.R. - Quei costruttori La considereranno un distruttore. W.G. - Che posso farci? D.R. - Ancora una cosa: nelle Sue opere, si considera ottimista o pessimista? W.G. - In genere vengo collocato tra i pessimisti, addirittura tra coloro che vengono definiti "catastrofici". È un luogo comune dei critici: a partire da un certo livello, la letteratura contemporanea non può essere altro che nera. La mia non è nera; al contrario, è piuttosto una reazione contro il tono sardonico-apocalittico d'obbligo. Io sono come il baritono della Nona Sinfonia: "Amici, basta con questo canto; che altre melodie si facciano ascoltare!". Questo non significa che io intoni degli inni alla gioia! Ma ne ho abbastanza dei gemiti attuali. Bisogna ringiovanire i nostri problemi; è il compito primordiale della letteratura creatrice. D.R. - Quali sono questi problemi che vi sembrano così logori? W.G. - La morte. Per cambiare un po' prospettiva, dobbiamo solo pensare: no, non è un dramma, fin dalla nascita siamo preparati alla morte; e benché essa ci divori ogni giorno poco a poco non la affrontiamo mai faccia a faccia, dal momento che - secondo un aforisma ben noto e proprio giusto - quando essa spunta noi non siamo più là. Alienazione? No, non è così terribile; queste alienazioni le abbiamo "nelle dita", come dicono i pianisti, nelle nostre dita disciplinate, tecniche, che procurano all'operaio, in un anno, oltre ai giorni di lavoro, 158 - Witold Gombrowicz

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