Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

bottega altro che uno schema inconsistente. Forse dovremmo riconoscere che ciò che chiamiamo "l'essere morale", o "l'anima", non è esclusivo di un individuo, ma risulta da diversi esseri umani. D.R. - È possibile in questo senso parlare di morale? W.G. - Oh! non lo so. Non pretenda che io abbia risposte per tutto. Troppo spesso si pretende che uno scrittore proponga un modello del mondo compiutamente elaborato. Ripeto ciò che ho già detto nel mio Diario: "Intento della letteratura non è risolvere i problemi, ma porli". Consoliamoci: spesso, prendere coscienza cli un problema comporta l'inizio della sua soluzione. Anch'io ho tentato cli costruire delle teorie. E non andava poi così male. Mi dicevo: se la forma ci deforma, il postulato morale esige che ne vengano tratte le conseguenze. Essere me stesso, difendermi contro la deformazione, mantenere le distanze dai miei sentimenti, dai miei pensieri più personali, nella misura in cui gli uni e gli altri non mi esprimono autenticamente. Semplice, non è vero? Ma ecco l'Hic fatale: se sono sempre artificiale, sempre definito dagli altri uomini e dalla cultura, oltre che dalle mie proprie necessità formali, dove ricercare il mio "io"? Chi sono io veramente, e fino a che punto io sono? La questione - sempre più scottante nel pensiero contemporaneo - mi sconvolgeva nel periodo in cui scrivevo Ferdydurke. D.R. - Si ha l'impressione che questo romanzo oscilli attorno ad un centro inaccessibile, senza mai cessare - dalla prima parola all'ultima - di volersi affermazione cli una personalità. W.G. - La sola risposta che ho trovato è questa: non so quale sia la mia forma, non so cosa sono, ma quando mi si deforma io soffro. Così almeno conosco ciò che non sono. Il mio "io" non è altro che lavolontà cli essere me stesso. Magra consolazione! Ancora una formula! Per fortuna, come Lei sa, io non sono un teorico ma un artista. Nell'artista, tutto avviene simultaneamente, ogni elemento collabora con gli altri: la teoria con la pratica, il pensiero con la passione, la vita con la valorizzazione e la comprensione della vita, il desiderio di successo personale con le esigenze dell'opera in corso, le esigenze dell'opera con la verità universale, la bellezza, la virtù; niente può pretendere cli dominare il resto, tutto è interdipendente, come in ogni organismo vivente. Le diverse possibilità di entrare in rapporto con le cose gli permettono una maggiore libertà d'azione. Quando mi resi conto che la teoria non porta da nessuna parte, mi ritirai nella vita pratica. Bando ai sofismi: bisogna agire la morale di cui si dispone, così com'è, se si è incapaci cli inventarne un'altra. Attaccare ciò che si disprezza, ciò che si detesta, la violenza, la falsità, la crudeltà, senza preoccuparsi delle ragioni profonde. Io mi creo attraverso 156 - Witold Gombrowicz

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