Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

discussione cercare la materia della scrittura in occasioni e situazioni sempre più estreme, in cui quell'insensatezza, banalità, perversità del vivere si manifestino più chiaramente, più provocatoriamente. In una intervista pubblicata sulla rivista "The New Review" McEwan ha spiegato come il punto di partenza di ogni suo racconto fosse l'idea di scrivere "una sorta di pastiche di un certo stile" e nonostante molto presto - "dopo una o due pagine" - finisse per prendere sul serio il suo oggetto, ha sottolineato "l'origine lievemente parodistica" dei suoi racconti. Ma se questa contaminazione tra un'intenzione metaletteraria e la sincerità dell'ispirazione produce spesso un felice effetto di disagio e di straniamento per il lettore, nel tentativo di verificare e rivisitare stili, modelli e temi già della letteratura McEwan conosce anche cadute e infortuni. A volte, per "rifare" Miller o Mailer, McEwan si lascia andare alla facilità e alla leggerezza della sua ispirazione e della sua scrittura, fino a rovesciare questi pregi in un difetto, a eccedere in una osservazione troppo di superficie, a dare un'impressione di banalità. Gli accade così di scrivere anche racconti davvero mediocri, in cui dilapida con incredibile superficialità la preziosità di un tema e di un'intuizione - e soprattutto la sua scrittura, in questi casi vanamente felice. È come se in questi momenti McEwan si sentisse prigioniero di una logica narrativa stringente e autoritaria, che si risolve nella necessità assoluta della "trovata". Nel McEwan per noi più recente (Fra le lenzuola e Cortesie per gli ospiti) questa diventa a volte una vera e propria ossessione letteraria, perfino apertamente priva, spesso, di un'effettiva necessità narrativa. Appare piuttosto, questa tensione esasperata alla "trovata", l'essenza di una specie di manierismo che McEwan si è inconsapevolmente costruito. Nel racconto Morta venendo (in Fra le lenzuola) questo impasse si manifesta chiaramente. È tra i più classici racconti 148 - Marino Sinibaldi di McEwan, per molti versi esemplare: dietro l'apparente semplicità della narrazione - quelle di McEwan sono spesso storie "ridotte ai minimi termini" - la struttura è assai complessa. C'è anzitutto un livello metaletterario -Morta venendo è un remake, suppongo, di La mite di Dostoevskij, magari mediato attraverso Bresson -; ma poi sul piano strettamente narrativo si intrecciano l'intuizione davvero precisa di una degenerazione psicologica - l'ossessione erotica tipicamente maschile che spinge a cercare un oggetto d'amore quanto più silenzioso e accondiscendente possibile -, con un compiacimento progressivamente sempre più invadente per l'abilità e l'efficacia della trovata - che nel racconto consiste nel fatto che l'oggetto d'amore è il manichino di un supermercato. Fino a un finale piuttosto deludente in cui, come su un piano inclinato, il racconto precipita, prigioniero della sua stessa contraddizione tra la precisione dell'intenzione - che è quella, frequentissima in McEwan, di mostrare una degenerazione della sessualità - e i limiti di un'invenzione statica e scontata. E la via d'uscita tentata con Cortesie per gli ospiti - una storia con molto clima, ancora molta metaletteratura (Venezia di notte, un'avventura carica di suspense e di mistero tra i vicoli e i canali ... ), e molta psicologia, ma anche un solido plot - non convince, anche perché non è all'altezza della radicalità con cui McEwan ha sperimentato altre dimensioni narrative; l'esito finale è quello di un giallo, perfino un po' fiacco - al di là di una riconfermata e senz'altro poco comune, ormai, capacità di scrivere storie. Lo scrittore che imita altre scritture, che le usa in un montaggio da acrobata della letteratura, eredita in realtà dei gusci vuoti. E nell'universo in cui vive e di cui vive non trova energia sufficiente per dare loro luce, vitalità, vita. Dietro la disinvoltura di McEwan c'è così il mondo

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