Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

narrativae poesia le e di quello femminile, lo yin e lo yang. Nell'universo newtoniano c'è posto per l'oggettività; il suo osservatore imparziale è un individuo razionale e si immagina invisibilee onniveggente; crede inoltre di poter spiegare tutto se solo avesse libero accesso a tutti i fatti. L'osservatrice dell'universo einsteiniano si considera parte della natura che sta studiando e del suo costante fluire; la sua coscienza e il mondo circostante si compenetrano e sono interdipendenti; ella sa che le cose, nella loro essenza, presentano limiti e paradossi (la velocità della luce, il Principio dell'Indeterminatezza) che le impediscono di conoscere o esprimere tutto; sa bene che l'onniscienza è solo un'illusione, e tuttavia la sua potenza è infinita perché non risiede esclusivamente in lei. "Verranno tempi di donna, oppure moriremo?" Questi, a mio avviso, i termini chiari e netti delle due possibili alternative. Possiamo azzardarci a sperare di trovarci alle soglie di un ripensamento tanto radicale della nostra visione del mondo che possiamo finalmente assistere ad una trasformazione evolutiva della coscienza? Questa potrebbe sembrare una possibilità remota, ma dopotutto è una speranza non più assurda di quella di potersela cavare in qualche modo. Forse è ancor meno assurda di quel che sembra perché, una volta venuta meno la possibilità di un cambiamento, la violenza, già componente dominante di questa civiltà, avrà la meglio e sarà inevitabile che prima o poi queste armi siano impiegate: tutta la forza della nuova fisica al servizio delle aspirazioni newtoniane. Nè riesco a trovare esempi nella storia recente che mi facciano sperare che attraverso una grande e generosa opera di pianificazione e di riorganizzazione, potremmo costituire sistemi sociali che in qualche modo rendano impensabile o non necessario un conflitto nucleare. Per concludere, il cambiamento deve venire dall'individuo, ma deve necessariamente coinvolgerci in tanti. Il tema sociale dominante non sarà più la violenza, ma l'educazione. I bambini e non il petrolio, o il carbone, o l'energia nucleare, sono la nostra più importante risorsa; eppure non possiamo dire che i loro bisogni siano al centro della nostra cultura. Il sistema scolastico del nostro paese col suo assurdo élitismo basta da solo a dimostrare che abbiamo tradito le loro potenzialità. Impareremo mai a non "esser di peso alla terra su cui viviamo?" Sapremo mai servirci della gamma completa delle risorse tecnologiche nel rispetto dell'equilibrio dell'ambiente e in armonia con esso piuttosto che facendogli spietata violenza? Purtroppo desiderare un certo risultato non è ragione sufficiente per credere che esso si realizzerà. Se siamo liberi di cambiare, siamo anche liberi di non riuscirci. La mia fede nel futuro è incostante. Improvvisi squarci di amore e creatività individuali mi fanno sperare in bene per l'umanità intera; ma poi si verificano atti di crudeltà e distruzione che mi fanno disperare. (Londra, settembre 1982; traduzione di Adalgisa Giorgio) fan McEwan - 137

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