Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

narrativqe poesia de, grazie al cielo, e la maggior parte di noi riprende a dormire sonni tranquilli. Volevo scrivere su queste paure individuali mentre erano ancora vive. Pensavo che il soggetto si adattasse meglio al mezzo filmico. Feci dei progetti, ma li abbandonai. Abbozzai i capitoli iniziali di un romanzo. In tutti questi esperimenti mi sentivo sconfitto daIJamole delJ'impresa; il problema era alJo stesso tempo colossale e tanto umano. Sembrava difficile poter conciliare le due cose. Eppure non appena Michael Berkeley mi chiese se fossi disposto a scrivere il libretto per un oratorio, non dubitai nemmeno per un istante che questo fosse un modo possibile di affrontare l'argomento. La musica lo avrebbe tradotto immediatamente in un'altra dimensione, astratta, dove si sarebbe sottratto a ogni tentativo di definizione, ma dove l'appello ai sentimenti non avrebbe conosciuto mediazioni. La musica di Michael Berkeley, e specie il suo concerto per oboe, mi aveva toccato enormemente: nonostante il complesso tessuto musicale di marca decisamente contemporanea, la sua era una musica accessibile, spesso dal ritmo emozionante, ricca di melodie espressive. La sua musica aveva il potere di commuovere. Michael Berkeley apparteneva aIJa tradizione dei compositori inglesi che si ispirano alla letteratura nazionale. Aveva messo in musica poesie di Donne, di Herbert, di Lewis Carroll, di Hardy, e di tanti altri; aveva composto un pezzo per piano particolarmente bello ispirato alla poesia di Wilfred Owen Strange Meeting. Scoprii, soprattutto, che entrambi sentivamo l'importanza e l'urgenza di trattare questo argomento. Fu lui a farmi conoscere l'oratorio di Tippet A Child of Our Time, composto negli anni trenta, quando la possibilità di un'altra guerra in Europa si andava trasformando sempre più in certezza. La figura della Madre in quest'opera ha determinato senza dubbio la presenza della madre nel mio libretto. L'idea di un oratorio mi attirava anche per una ragione puramente formale; una voce maschile di contro a una femminile; tutte e due, a loro volta, contro il coro; due voci che affrontano un problema di crisi morale e spirituale col semplice mezzo del loro canto, senza le complicazioni di uno scenario drammatico, e con accenti esprimenti sentimenti ora pubblici e ora privati. La purezza di questa forma era davvero allettante. Nessun personaggio, nessuna psicologia, nessun attore che facesse finta di essere altri, semplicemente delle voci che articolavano le paure piu intime e qualche speranza. Dovevo inoltre cimentarmi in un inglesecantabile, semplice e chiaro, che potesse esprimere temi pubblici senza solennità e sentimenti privati senza scadere nel sentimentalismo. Or Shall WeDie? alla fine acquistò una certa qualità drammatica dal momento che le voci assumono ruoli diversi, per quanto mai una fisionomia così distinta da farli diventare dei personaggi. E se sia riuscito davvero a creare una lingua chiara o cantabile, non si saprà fino alla prima esecuzione1 e questa, ora che scrivo, è ancora lontana. L'oratorio è per tradizione un'opera corale non drammatica di tema religioso. È possibile naturalmente ampliarne la portata per farvi rientrare temi morali, politici o persino privati, ed esiste già, infatti, una tradizione secolare riconosciuta. "Oratorio", un po' come "romanzo", è un termine di comodo piuttosto che una definizione precisa. Presentare all'inizio di questo oratorio laico l'idea di una madre e di un bambino può sembrare un ricorso deliberato e fin troppo ovvio alla tradizione religiosa caratteristica di questa forma compositiva. Tippett ha esercitato una chiara influenza, ma fan McEwan - 131

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