narrativae poesia schieramenti avevano molto in comune; e così anche le popolazioni civili: esse erano unite dalla prospettiva di un annientamento completo e dal loro atteggiamento di indifferenza, di impotenza e di paura. Malgrado tutte le complesse discussioni di strategia nucleare nelle quali si fondevano, in un singolare miscuglio, logica e paranoia, la situazione appariva, in effetti, caratteristica semplicemente della follia umana. Definirla puerile significherebbe insultare i bambini i quali si stancherebbero subito di un gioco simile: mi preparo a colpirti perché tu ti prepari a colpire me. Che questa follia, la quale minaccia non solo la vita umana precedente e futura, ma ogni forma di vita esistente sul nostro pianeta, venisse presentata sugli schermi televisivi sotto il nome di buon senso, come il risultato di una ponderata deliberazione su strategie di "difesa" da parte di uomini in giacca e cravatta, calmi e autorevoli, dava al problema il carattere di un incubo; o erano completamente matti loro, o lo eravamo noi. In ultima analisi credo che la loro pazzia sia anche la nostra, e che la lotta per la sopravvivenza sia una responsabilità collettiva. Il diffuso senso di preoccupazione di quell'anno generò una vasta opposizione pubblica prima in Europa e poi negli Stati Uniti. Pare che tre quarti degli Americani siano oggi favorevoli a una qualche forma di congelamento nella costruzione delle armi e i movimenti pacifisti possono ben affermare di essere riusciti a modificare, se non altro, la retorica degli uomini politici. Malgrado ciò la corsa agli armamenti continua. Nuovi sistemi di missili saranno introdotti in tutta Europa nel corso del 1983; i russi da parte loro hanno continuato a installare i loro missili a media gittata. L'opposizione pubblica ha avuto solo un effetto minimo sui programmi politici, ma l'importanza intrinseca di questa opposizione supera di gran lunga il suo effetto: essa costituisce la nostra sola speranza. L'opposizione pubblica si fondava, naturalmente, sulle paure individuali e nel 1980scoprii tutto ad un tratto che la vita dei singoli era stata profondamente scossa dalla nuova guerra fredda. Fu proprio questo che mi fece desiderare di scrivere sull'argomento. Coloro che avevano o avevano avuto dei bambini sembravano particolarmente sconvolti. L'amore per i bambini genera in noi un forte desiderio che la vita continui in un mondo sicuro, e ci rende facile preda di penose fantasie di morte. Anch'io, come tanti altri, mi sono svegliato di soprassalto prima dell'alba preso dal panico; ho avuto visioni ad occhi aperti in cui vedevo fiumane impazzite di gente e di macchine precipitarsi fuori dalla città prima che fosse distrutta e bambini perdersi nella calca. Alcuni sostenevano l'inutilità di fare programmi per il futuro; si andava insinuando in loro la consapevolezza della vanità di tutto ciò che prima consideravano importante, di fronte alla minaccia della distruzione totale. Questo senso di impotenza generava la rabbia, e questa a sua volta metteva in pericolo i rapporti interpersonali. Le immagini di una guerra nucleare invadevano i nostri sogni. Proprio come in una guerra, gli affari di politica pubblica avevano ripercussioni profonde sulla vita privata dell'individuo. Per la maggior parte delle persone il panico non può essere sostenuto a lungo. Una sorta di torpore finisce col calarci addosso; abbiamo una provvidenziale - o fatale? - capacità di vivere in compartimenti stagni, di relegare la paura in una stanza, e la speranza o l'indifferenza in un'altra. La minaccia è sempre lì, continuiamo a deplorarla, alcuni agiscono, ma la vita proce130 - fan McEwan
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