Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontistranieri glielo chiedesse, prese a raccontare del cavaliere pietoso. Un problema di ego, disse: essendo la pietà supercoscienz.adel proprio orgoglio. Non che ci credesse; pensava solo che fosse stimolante dire qualcosa di originale, anche se un po' confuso. Ma nessuno rispose. Feingold alzò gli occhi. "Non può accendere quel caminetto?" disse un uomo. "Va bene, " disse Feingold. Fece un rotolo del Times della domenica prima e ci appoggiò un fiammifero. Una fiamma chiara come un lampione sbiancò le facce della gente seduta sul divano. Feingold riconobbe un amico dei tempi del Seminario - uno di quelli che Lucy chiamava i suoi amici "teologici" - e in quell'istante, proprio all'improvviso, Feingold ebbe voglia di parlare di Dio. Oppure, se non proprio di Dio, di certe atrocità, di certi orrori storici: vale a dire, il crimine del nobiluomo francese Draconet, un superbo crociato, che nella primavera del 1274 arrestò tutti gli ebrei della provincia di Vienne, castrò gli uomini, staccò i seni alle donne; alcuni non li mutilò, si limitò a tagliarli in due. Feingold era interessato al fatto che la Magna Carta e l'emblema della vergogna ebraica fossero stati approvati nello stesso anno, e che meno di un secolo più tardi tutti gli ebrei, perfino le famiglie che ci vivevano da sette o otto generazioni, fossero stati espulsi dall'Inghilterra. Aveva un debole per Clemente IV, che aveva assolto gli ebrei dall'accusa di aver diffuso la Morte Nera. "La peste colpisce anche gli ebrei," aveva detto il papa. Feingold conosceva innumerevoli storie di conversioni forzate, si sentiva a suo agio con quei pensieri, comodo, come in famiglia. Si chiese se fosse appropriato - era un cocktail party, dopotutto! - informarsi sullo stato dell'agnosticismo del suo amico: Dio era semplicemente uscito dalla storia, aveva per così dire lasciato la stanza per un attimo, oppure non c'era mai stato un creatore, niente era mai stato creato, il mondo era una chimera, l'illusione di un solipsista? Lucy si sentiva a disagio, in presenza dell'amico di Feingold; era stato lui ad amministrare la sua conversione, e ogni incontro era come il nuovo stadio di un esame perpetuo. Era contenta che non esistesse un catechismo ebraico. Era ricaduta nell'errore? Comunque si sentiva messa alla prova. Si guardò intorno - i suoi grandi occhi girarono per la stanza - e vide che tutti gli occupanti del soggiorno erano ebrei. C'erano degli ebrei anche in sala da pranzo, ma del tipo imperturbabile, menefreghista: gli umoristi, i pittori, i recensori di film capaci di assistere alla proiezione privata di Scopatesulloschermo la sera del Giorno dell'Espiazione. In sala da pranzo erano quasi tutti gentili. La torta era praticamente sparita. Lucy prese l'ultima fetta, la sistemò su un tovagliolo di carta e la portò in soggiorno. Dava la colpa di tutto a Feingold, in preda a uno dei suoi attacchi di fanatismo. Tutta la gente normale, tutta la gente di buon senso - gli umanisti e gli umoristi, per esempio - si sarebbero tenuti alla larga. Che cos'era Feingold, dopotutto, ormai, se non un noioso autodidatta capace solo di risputar fuori tutto quello che leggeva? Lo stava facendo apposta, per ripicca, perché 122 - Cynthia Ozick

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