Linea d'ombra - anno II - n. 4 - febbraio 1984

raccontistranieri ro. Quello a cui non potevano· rinunciare era una finta pietà, e questo perché erano assorbiti dal potere, e impotenti. Vivevano di pietà, e quindi di pettegolezzi: chi non era riuscito ad avere figli per dieci anni, chi aveva perso tre lavori di fila, chi correva il rischio di venir licenziato, quale agente aveva perso di prestigio, chi non riusciva a pubblicare il secondo romanzo, chi era persona non grata in questa o quella rivista, chi beveva troppo, chi avrebbe finito col suicidarsi, chi sognava il divorzio, chi andava, segretamente o vistosamente, a letto con chi, chi veniva snobbato, chi contava o non contava; e sembravano provare la più smodata tenerezza nei confronti di chiunque venisse minimamente vittimizzato. Erano, inoltre, estremamente "psicologhi": buoni ascoltatori, solleciti, alzavano caldi palme che avrebbero volentieri appoggiato alle tempie angosciate di chiunque. Erano attratti dalle vite agre. La loro, di vita, si compiacevano di definirla con una battuta: erano gente di "seconda categoria". Feingold aveva un lavoro di seconda categoria in una casa editrice di seconda categoria. L'editore di Lucy era di seconda categoria; perfino l'indirizzo era Seconda Avenue. Le recensioni dei loro libri erano state scritte da critici di seconda categoria. Tutti i loro amici erano di seconda categoria: non i direttori o i proprietari di aziende rispettabili, ma i correttori di bozze e gli assistenti di produzione; non le aquile scintillanti delle pubblicazioni intellettuali, ma i ronzini tediosi delle piccole riviste ebraiche; non i critici letterari di gelida ferocia, ma gli scoloriti parolai della critica cinematografica quotidiana. Se capitava loro di conoscere un commediografo, si trattava sempre di un aspirante off-off-Broadway del quale non era stato ancora messo in scena niente. Se conoscevano un pittore, si trattava di qualcuno che viveva in un loft e aveva fatto una sola mostra, contro il reticolato dell'esposizione all'aperto di Washington Square, in primavera. E questo sembrava loro ingiusto e crudele; amavano i loro amici, ma altra gente - perche non loro? - riusciva a penetrare nelle caverne più profonde di New York, tra i leoni. New York! Rischiavano la pelle tutte le volte che si avventuravano fino a Broadway per comprare il pane, dopo il tramonto; rapin~tori nascosti dietro le altalene nei parchi gioco, tossicomani armati di coltello appesi per i piedi al jungle jim. Ogni appartamento una fortezza illuminata; gli inquilini si scambiavano commenti ammirati su lampade e serrature, le triple serrature alle finestre ingabbiate, le doppie serrature e le spranghe alle porte, le lampade col timer regolato in modo da far credere agli scassinatori che c'era sempre qualcuno in casa. Passi nel corridoio, il cigolio dell'ascensore a mezzanotte; respiri soffocati per precauzione. I loro genitori vivevano a Cleveland e St. Paul, e raramente si azzardavano a venire in visita. Tutto questo: grinta e scomodità (avrebbero potuto possedere un prato innevato da qualche altra parte); e nessuno pronunciava i loro nomi, nessuno provava curiosità Cynthia Ozick - ll9

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