bottega infatti ad un "io" che, per rifarci alla famosa espressione di Rimbaud, "è un altro". Vorrei concludere con l'offrivi un piccolo reperto di laboratorio. Potrei, se le circostanze lo consentissero, frugare nella cassa delle mie agende e trovare in qualcuna di esse non già una annotazione che sia risultata in seguito essere una poesia già compiuta, ma un grumo informe di parole in cui, più tardi, io abbia riconosciuto il nucleo di una poesia da scrivere anni dopo. Sarebbe forse di qualche interesse vedere come il sottoscritto abbia dovuto in certi casi aspettare anche dieci o venti anni prima di poter scrivere una poesia alla quale si presumeva (ingannandosi) "ispirato"; e alquanto curioso, ma più che altro melanconico, sarebbe vedere tanti versi isolati scritti li in attesa di un contesto, di un poema, che li potrebbe accogliere in un avvenire troppo remoto (però) perché il poeta abbia ormai tempo di aspettarlo. Perché il "tempo giusto" del poema, la "parola giusta", il "ritmo giusto", sarà il poema stesso a determinarli e non il poeta; o, formulato diversamente nei termini meno radicali che poco più sopra ho cercato di proporre, quella parte del poeta che non può rispondere di sè, non può dar garanzie, non può promettere nulla e che tanto più riuscirà ad essere viva quanto meno avrà preteso di esserlo (tanto più riuscirà a scrivere una vera poesia quanto più, come ci suggerisce Giacomo Leopardi, avrà avuto intenzione di fare altro, come ad esempio "narrare", "celebrare", "compiangere": Zib., 225, 25 agosto 1820). Il reperto di laboratorio che qui volevo offrire riguarda una breve poesia portata a termine assai di recente. Nella mia agenda del 1983 trovo una prima ed unica annotazione alla data del 28 marzo; appena due versi abbozzati, anzi due tronconi di versi: Nel suo placido eliso liberaleecc. e lo ho appenasognato che la sogno ecc. Poi ricordo che, probabilmente nel mese di aprile, tentai una svogliata stesura dell'intero componimento, usando un solo foglio e non perdendovi più di dieci minuti. Mi sembrava talmente brutta che, forse per masochismo, non trovo esibizionistico il riportarla: Me l'ero appena sognata che tornò E non ero sorpreso di vederla A così breve intervallo Da un'altra apparizione - Mi disse che di me sapeva tutto E giustappunto era li Per ascoltarmi in quel luogo Di simposi e chiacchiere 102 - GiovanniGiudici
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