apertura mera finzione, chiamatelo pure fittizio, fantastico, ipotetico, come volete; non discuteremo per delle parole. L'importante è che comprendiate quello che voglio dirvi. Suppone0 te che il Socrate vero, maestro di Platone, sia stato, come sostengono alcuni, quello descritto da Senofonte nei suoi Memorabili e nel suo Sympòsium, un uomo un tantino volgare e anche pedante. Non sarebbe uno sproposito chiamare apocrifo il Socrate dei Dialoghi platonici, soprattutto se Platone lo conosceva tale quale era e ce lo dette quale non fu. Ma, chiamiamolo come si vuole, il Socrate platonico che è giunto fino a noi attraverso i secoli e che certo proseguirà il suo cammino quando noi avremo terminato il nostro, fu creato, se accettiamo la vostra ipotesi, per ribellione contro un passato autentico e irrimediabile. Di un passato che accadde Platone fece un passato che non sembra dover passare. Voi capite che questo che vi dico non porta a risolvere la questione socratica, che interessa gli storici, bensì ad accettare un'ipotesi verosimile che illustri mediante esempi quanto abbiamo detto della plasticità del passato. Poiché io pure accetto la possibilità che sia il Socrate di Senofonte il più fittizio dei due. Anche il passato può ricrearsi negativamente per disdoro o diminuzione di ciò che fu; fatto molto frequente, tanto è demolitore e nemico di grandezze lo zelo di alcuni ricercatori. * * * L'aumento della cultura attraverso la specializzazione della scienza ha, contro molti vantaggi, un lato terribile: che nessuno sa più quello che si sa, anche se tutti sappiamo che c'è chi sa di tutto. La coscienza di questo ci obbliga al silenzio o ci converte in pedanti, in uomini che parlano, senza sapere ciò che dicono, di quello che altri sanno. Così la somma delle scienze, anche se nessuno la possiede nella sua totalità, aumenta in tutti e in ciascuno, pesantemente, il volume della consapevolezza della propria ignoranza. E valga una cosa - come diceva l'altro - per l'altra. Vi confesso inoltre che non riesco a immaginare quale sarebbe la posizione di un Socrate moderno, né in che cosa potrebbe consistere la sua ironia, né come potrebbe giovarci la sua maieutica. * * * Ma, e il noscete ipsum, la sentenza delfica? A che può obbligarci ormai tale imperativo? Ecco l'aspetto veramente grave del problema. Se la scienza della conoscenza di se stesso, che Socrate riteneva l'unica degna dell'uomo, si fa sapere di specialisti, siamo perduti. In altri termini: come potrai sapere qualcosa di te stesso, se di tale materia, come di tutte le altre, è sempre un altro che ne sa qualcosa? * * * Il grande peccato - diceva il mio maestro Abel Martin - che i poIO - AntonioMachado
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