numero 4• febbraio 1984 • llre5.000 'OMBR lrimestraledi narrativa MACHADO· AGNON· GOMBROWICZ PASOLINI· LANDOLFI· GIUDICI PONTIGGIA· OPPEZZO- BELLOCCHIO McEWAN· OZICK GIOVANINARRATORITALIANI
Enzo Bettiza SAGG·VI IAGG PERSONAGG pagg5. 12,lire30.000 LaParigsiessantottinl a,Germansiapaccatiandue,l'URSS revisionisetalaRussitaragicamenette rnaic, ampuisnrivoltadella Californeial'imperUoSAi,lBrasileil,Giapponlea,Cinal,'Italia fraDC,eurocomunismeuor,osocialismLiob,/La.b.. Igrandsicrittorpi,ensatoericriticdi el'900d, aMannM, usiel Joyce aHorkheimeLré,vi-StrauesAs rond: aPiovenaeBuzzaeti Chiaromon..t.e Itinerariaottraversotoriap, oliticac,ulturaecostumdeell'ultimo quartodisecoloincompagndiaiEnzoBettizau,noscrittore "imprestataol"grandegiornalismo. RIZZOLI
sommario Antonio Machado da Juan de Mairena 5 Joaquin Xirau Per un cammino chiaro 25 Lanfranco Caminiti Orecchio magico 35 Piera Oppezzo A note legate 42 Piergiorgio Bellocchio La settimana bianca 53 Giorgio van Straten Gli ultimi giorni 60 Giuseppe Pontiggia li letterato e l'inesistenza 81 Franco Moretti L'incanto dell'indecisione 85 Giovanni Giudici Come una poesia 93 si costruisce S.l. Agnon Làsunka, 105 ovvero l'uomo e la bestia Cynthia Ozick Levitazione 116 Ian McEwan oppure moriremo? 129 Marino Sinibaldi L'infinita tristezza municipale 145 Witold Gombrowicz La forma. La politica. 150 Pier Paolo Pasolini La (ri)cotta 162 Romano Bilenchi I miei rapporti con Tozzi 169 Aurelio Andreoli Tommaso Landolfi e la 173 vergine nera LIBRI DA LEGGERE 177 ILLUSTRAZIONI DI JOSÈ MACHADO E EMANUELE LUZZA TI ~· \ ,·\•, .. • 4"" ,·.:...,· ....
Comitato di redazione: Alfonso Berardinelli, Gianfranco Bettin, Severino Cesari, Grazia Cherchi, Pino Corrias, Goffredo Fofi, Piergiorgio Giacchè, Filippo La Porta, Claudio Lolli, Maria Maderna, Claudio Piersanti, Renzo Sabellico, Marino Sinibaldi, Paola Splendore, Giorgio van Straten Direttore: Goffredo Fofi Coordinamento editoriale: Lia Sacerdote Segreteria di redazione: Massimo Kaufman, Mariolina Vatta Direttore responsabile: Severino Cesari MATERIALE INVIATO: I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. La redazione si scusa con coloro che ci hanno inviato racconti se non a tutti è stato ancora risposto. Il numero dei plichi recapitatici è molto superiore alle nostre previsioni. Essi vengono suddivisi tra i vari redattori, che ne rendono conto in riunioni bimestrali, scambiandosi quelli giudicati interessanti. Non possiamo più garantire una risposta entro quattro mesi, ciascuno di noi essendo occupato in altre attività, prevediamo ne occorrano sei, ma tutto il materiale viene vagliato e a tutti sarà risposto. Consigliamo di evitare raccomandazioni, invii plurimi, invio di poesie, sollecitazioni epistolari o telefoniche. "LINEA D'OMBRA" Un numero lire 5.000 Numero speciale lire 7.000 Abbonamenti: L'abbonamento a quattro fascicoli è di lire 20.000, da versare sul conto corrente postale numero 25871203 intestato a "Linea d'ombra". Iscrizione al tribunale di Milano in data 5-2-1983 - numero 55 Editore: Media ·Edizioni srl Via Gaffurio, 4 - 20124 Milano Telefono 02/2711209-273891 Coordinamento editoriale: Edoardo Fleischner, Lia Sacerdote L'immagine di copertina è tratta dal quadro di Mario Schifano Vero Amore smalto su tela (1975). Pubblicità: Marco Fiorentino Ufficio Grafico: Monica Ariazzi, Carlo Canarini Segreteria: Paola Barchi Stampa: Litourich sas Via Puccini, 6 - Buccinasco (MI) Telefono 02/4473146 Numero 4 - Lire 5.000 Chiusura in tipografia il 1-2-1984 Di questo numero sono stampate 6.000 copie La casa editrice e/o ci ricorda che entrambi i libri di Christa Wolf di cui abbiamo pubblicato degli estratti nello scorso numero verranno da essa pubblicati nella traduzione di Anita Raja, Cassandra a marzo-aprile e le Conferenze su Cassandra in ottobre.
apertura Antonio Machado Juande Mairena Sentenze, arguzie, appunti e ricordi di un professore apocrifo a cura di Oreste Macri La verità è la verità, la dica Agamennone o il suo porcaro. Agamennone D'accordo. Il porcaro Non mi convince. * * * (Sul tempo poetico) La poesia - diceva Mairena - è il dialogo dell'uomo, di un uomo col suo tempo. Ecco ciò che il poeta cerca di eternare cavandolo fuori dal tempo, operazione difficile e che richiede molto tempo, quasi tutto il tempo di cui il poeta dispone. Il poeta è un pescatore, non di pesci in acqua, ma di pesci vivi, pur pescati; intendiamoci: di pesci che possano vivere dopo essere stati pescati. * * * Juan de Mairena deplorava la mancanza di un buon manuale di letteratura spagnola. Secondo lui, ai suoi tempi non c'era. Qualcuno gli disse: "Anche lei ha bisogno di un libretto?" "lo - rispose Mairena - deploro che un tal manuale non sia stato scritto perché nessuno ne è stato capace. La verità è che ci mancano idee generali sulla nostra letteratura. Se le avessimo, avremmo anche dei buoni manuali e potremmo, oltre a tutto, prescindere da essi. Non so se lei ha capito ... Probabilmente, no". * * * (Sulla politica e la gioventù) La politica, signori - seguita a parlare Mairena - è un'attività importantissima ... Io non vi consiglierei mai l' apoliticismo ma, in ultima analisi, il disprezzo per la cattiva politica fatta da arrivisti e scrocconi, senza altro scopo che quello di trarne profitto e sistemare parenti. Voi dovete fare dellapolitica, anche se quelli che intendono farla senza . Antonio Machado - 5
apertura di voi e, naturalmente, contro di voi, vi diranno il contrario. Oso soltanto consigliarvi di farla a viso aperto; nel peggiore dei casi con la maschera politica, senza altro travestimento come ad esempio: letterario, filosofico, religioso. Poiché altrimenti contribuireste a degradare attività così eccellenti, almeno, come la politica, e a intorbidare la politica in modo tale che non potremo mai più capirci. E a chi vi rinfacciasse i vostri pochi anni, potrete ben rispondere che la politica non deve essere necessariamente affare di vecchi. Ci sono movimenti politici che hanno il loro punto di partenza in una giustificata ribellione di minori contro l'incapacità dei sedicenti padri della patria. Questa politica, vista con gli occhi della confusione giovanile, può sembrare troppo rivoluzionaria mentre, nel fondo, è perfettamente conservatrice. Perfino le madri - c'è qualcosa di più conservatore di una madre? - potrebbero consigliarla con parole simili a queste: "Prendi il volante, figliolo, perché vedo bene che con tuo padre andremo a finire tutti quanti nel fosso". * * * Diceva il mio maestro: Pensare è gironzolare di strada in stradina, di stradina in stradetta fino a dar di naso in un vicolo chiuso. Una volta giunti a questo vicolo pensiamo che il bello consisterebbe nell'uscirne. È allora che si cerca la via d'uscita. * * * Poiché si avvicinano tempi duri e gli uomini si dispongono a lottare - popoli contro popoli, classi contro classi, razze contro razze - brutti tempi per i sofisti, gli scettici, gli sfaccendati e i ciarlatani. Rincrudirà il pensiero pragmatista, voglio dire il pensiero consacrato a rinforzare le molle dell'azione. Bisogna vivere! E il grido di battaglia ogni volta che gli uomini si decidono a ammazzarsi. E lo scherzo di Voltaire: le n'en vois pas la nécessité non solo non farà ridere, ma non convincerà nessuno. E questa mia cattedra - quella di Rettorica, non quella di Ginnastica - sarà soppressa per ordinanza reale, se addirittura non sarò perseguitato e condannato come corruttore della gioventù. * * * O come nemico degli dei. Degli dei nei quali non si crede. Poiché non bisogna dimenticare ciò che disse tante volte il mio maestro: "Non c'è nulla di più temibile dello zelo sacerdotale degli increduli". In altri termini: "Che Dio ci liberi dagli dei apocrifi" nel senso etimologico della parola: dagli dei occulti, segreti, inconfessati. Perché questi sono sempre stati i più crudeli e soprattutto i più perversi; essi dettano i sacrifici che si offrono agli altri dei, agli dei del culto ufficialmente riconosciuto. * * * 6 - Antonio Machado
/ f Antonio Machado . I 'J ,; )I;/ apertura Il Cristo, che muore sulla Croce per salvare il mondo, non è lo stesso caso del mondo che crocifigge il Cristo per salvarsi. Anche se il risultato fosse lo stesso... non è lo stesso. * * * Senza il tempo, questa invenzione di Satana, senza questo che il mio maestro defirù "prodotto di Lucifero nella sua caduta", il mondo perderebbe l'angoscia dell'attesa e il conforto della speranza. E il diavolo non avrebbe più nulla da fare. E i poeti, nemmeno. * * * Se il tuo pensiero non è naturalmente oscuro, perché lo intorbidi? E se 10 è, non credere di poterlo chiarire con la rettorica. Così parlava Eraclito ai suoi discepoli. * * * Antonio Machado - 7
) apertura Perparlare a molti non basta essere oratore da comizio. Bisogna che uno sia, come il Cristo, figlio di Dio. * * * Nelle vostre preghiere non adulate mai la divinità. Un Dio giustiziere esige giustizia e respinge l'adulazione. Che non viviamo nel migliore dei mondi possibili, lo prova sufficientemente il fatto che è ben difficile trovare qualcosa di cui non pensiamo che potrebbe e~sere migliore. Questa è una delle prove veramente conclusive, incontrovertibili, che conosco. Giacché se anche supponiamo, come suppongono molti, che questa idea della mediocrità del mondo sia figlia dei limiti e della debolezza del nostro comprendonio, dato che questo comprendonio fa parte del mondo, ne conseguirà sempre che c'era in esso qualcosa di molto importante da migliorare. Un ottimismo assoluto non mi pare accettabile. Né vi raccomando un eccessivo pessimismo. Che il nostro mondo non è il peggiore dei mondi possibili, lo dimostra anche il fatto che è ben difficile trovare qualcosa di cui non pensiamo che non si possa essenzialmente peggiorare. La prova di questa prova non mi sembra più tanto concludente. Tuttavia notate che anche il nostro pessimismo moderato fa parte del mondo e che, in caso di errore, dovremmo peggiorarlo per metterlo d'accordo col peggiore dei mondi. In ogni caso un pessimismo assoluto non è assolutamente necessario. * * * Le opere poetiche veramente belle, diceva il mio maestro - Mairena sta parlando ai suoi discepoli - di rado hanno un solo autore. In altri termini: sono opere che si fanno da sole, attraverso i secoli e i poeti, talvolta malgrado i poeti stessi, benché naturalmente, sempre in essi. Conservate nella memoria queste parole, che il mio maestro confessava di aver sentito dire da suo nonno, il quale, a sua volta, credeva di averle lette da qualche parte. Meditate su di esse. * * * O vitacittadina,chipuò desiderarti! Ecco il verso cittadino per eccellenza. Verrà un giorno - diceva il mio maestro - in cui le persone distinte vivranno tutte, senza eccezione, in campagna, lasciando le grandi città all'umanità dozzinale, sempre che l'umanità dozzinale non renda impossibile l'esistenza delle persone distinte. * * * Ma non dobbiamo ingannarci. Il nostro amore per la campagna è una pura passione per il paesaggio, per la Natura come spettacolo. Nulla di meno campestre e, se me lo fate dire, di meno naturale di un paesaggista.Dopo Gian Giacomo Rousseau, il ginevrino, spirito pieno 8 - AntonioMachado
apertura fino alla nausea di vita cittadina, l'emozione campestre, quella essenzialmente georgica della terra che viene lavorata, quella virgiliana e quella del nostro grande Lope de Vega, è scomparsa. Per l'arte moderna la campagna è un'invenzione della città, una creazione del tedio urbano e del terrore crescente degli agglomerati umani. Amore per la Natura? Secondo i punti di vista. Nella campagna l'uomo moderno cerca la solitudine, cosa assai poco naturale. Qualcuno dirà che cerca se stesso. Ma ciò che è naturale nell'uomo è cercarsi nel suo vicino, nel suo prossimo, come dice Unamuno, il giovane e saggio rettore di Salamanca. Io credo piuttosto che l'uomo moderno fugge da se stesso, verso le piante e le pietre, per odio della sua propria animalità, che la città esalta e corrompe. I medici dicono, più semplicemente, che va in cerca di salute, cosa di cui, beninteso, non c'è da dubitare. * * * lo vorrei - Mairena parla ai suoi alunni - che entraste nel mondo letterario guariti da quello snobismo per il quale è nuovo solo l'abito che reca ancora l'etichetta del sarto, ed è elegante solo chi lo porta così. Perché se noi professori non siamo capaci di prevenirvi contro una stravaganza di così cattivo gusto, che profitto trarreste da noi? Ma non per questo vi consiglierò l'amore della consuetudine e neppure il rispetto della tradizione stretta. Al contrario; non c'è originalità possibile senza un poco di ribellione contro il passato. È vero che il passato, come tale, è immodificabile, voglio dire che, se sono nato di venerdì, è già impossibile di assoluta impossibilità che io sia venuto al mondo in qualsiasi altro giorno della settimana. Ma questa 'è una verità sterile, tanto è logica, anche se ci serve a gareggiare con gli dei, i quali fallirebbero come noi se cercassero di cambiare la nostra data di nascita. Volete di più? È sempre interessante indagare su ciò che è stato. D'accordo. Ma per noi il passato è ciò che vive nella memoria di qualcuno, e in quanto agisce in una coscienza, pertanto incorporato a un presente e in costante funzione di avvenire. Visto così - e non è affatto un assurdo che così lo vediamo-, il passato è materia di infinita plasticità, atta a ricevere le più svariate forme. Per questo non mi limito a dissuadervi da uno snobismo da sempliciotti che aspetta la novità caduta dal cielo, la quale sarebbe di una vecchiaia cosmica opprimente, ma vi consiglio una incursione nel vostro passato vivo, che si modifica da sé e che voi dovete in piena coscienza correggere, aumentare, depurare, sottomettere a una nuova struttura fino a convertirlo in una vera creazione vostra. Questo passato io lo chiamo apocrifo, per distinguerlo dall'altro, dal passato irreparabile che la storia indaga e che sarebbe quello autentico: il passato accaduto o passato propriamente detto. Ma se voi pensate che un apocrifo dichiarato cessa di essere tale perché non nasconde nulla, mutandosi in puro gioco o Antonio Machado - 9
apertura mera finzione, chiamatelo pure fittizio, fantastico, ipotetico, come volete; non discuteremo per delle parole. L'importante è che comprendiate quello che voglio dirvi. Suppone0 te che il Socrate vero, maestro di Platone, sia stato, come sostengono alcuni, quello descritto da Senofonte nei suoi Memorabili e nel suo Sympòsium, un uomo un tantino volgare e anche pedante. Non sarebbe uno sproposito chiamare apocrifo il Socrate dei Dialoghi platonici, soprattutto se Platone lo conosceva tale quale era e ce lo dette quale non fu. Ma, chiamiamolo come si vuole, il Socrate platonico che è giunto fino a noi attraverso i secoli e che certo proseguirà il suo cammino quando noi avremo terminato il nostro, fu creato, se accettiamo la vostra ipotesi, per ribellione contro un passato autentico e irrimediabile. Di un passato che accadde Platone fece un passato che non sembra dover passare. Voi capite che questo che vi dico non porta a risolvere la questione socratica, che interessa gli storici, bensì ad accettare un'ipotesi verosimile che illustri mediante esempi quanto abbiamo detto della plasticità del passato. Poiché io pure accetto la possibilità che sia il Socrate di Senofonte il più fittizio dei due. Anche il passato può ricrearsi negativamente per disdoro o diminuzione di ciò che fu; fatto molto frequente, tanto è demolitore e nemico di grandezze lo zelo di alcuni ricercatori. * * * L'aumento della cultura attraverso la specializzazione della scienza ha, contro molti vantaggi, un lato terribile: che nessuno sa più quello che si sa, anche se tutti sappiamo che c'è chi sa di tutto. La coscienza di questo ci obbliga al silenzio o ci converte in pedanti, in uomini che parlano, senza sapere ciò che dicono, di quello che altri sanno. Così la somma delle scienze, anche se nessuno la possiede nella sua totalità, aumenta in tutti e in ciascuno, pesantemente, il volume della consapevolezza della propria ignoranza. E valga una cosa - come diceva l'altro - per l'altra. Vi confesso inoltre che non riesco a immaginare quale sarebbe la posizione di un Socrate moderno, né in che cosa potrebbe consistere la sua ironia, né come potrebbe giovarci la sua maieutica. * * * Ma, e il noscete ipsum, la sentenza delfica? A che può obbligarci ormai tale imperativo? Ecco l'aspetto veramente grave del problema. Se la scienza della conoscenza di se stesso, che Socrate riteneva l'unica degna dell'uomo, si fa sapere di specialisti, siamo perduti. In altri termini: come potrai sapere qualcosa di te stesso, se di tale materia, come di tutte le altre, è sempre un altro che ne sa qualcosa? * * * Il grande peccato - diceva il mio maestro Abel Martin - che i poIO - AntonioMachado
apertura poli non sono soliti perdonare è quello che si attribuiva a Socrate, con o senza ragione: di introdurre nuovi dei. È chiaro che fra gli dei nuovi vanno inclusi i vecchi, che si consideravano più o meno decorosamente giubilati. E si comprende bene questa ostilità verso i nuovi dei, che lo siano o che lo sembrino, perché non esiste novità di più terribili conseguenze. Gli uomini hanno sempre capito che senza un cambiamento di dei tutto continuerebbe press'a poco com'era, e che tutto cambia, più o meno catastroficamente, quando cambiano gli dei. * * * Ma gli dei cambiano per se stessi, senza che noi lo possiamo evitare, e si introducono da sè, contro quanto pensava il mio maestro, che si vantava di aver introdotto il suo. Noi dobbiamo cercare soltanto di vederli nudi e senza maschera, tali quali sono. Perché degli dei non si può dire quello che si dice di Dio: che chi vede il suo volto muore. Gli dei ci accompagnano nella vita e bisogna conoscerli per camminare tra essi. E ci abbandonano silenziosamente alle soglie della morte, che essi probabilmente non varcano. Adoperiamoci tutti per meritare quella soave malinconia degli dei, che i Greci espressero così bene nelle loro stele funerarie. * * * Uno dei mezzi più efficaci perché le cose non mutino mai al di dentro è rinnovarle - o agitarle - costantemente al di fuori. Per questo - diceva il mio maestro - i conservatori, se potessero, impiccherebbero gli innovatori, e gli innovatori, quando possono, lapidano rabbiosamente i conservatori. * * * Ripuliamo - diceva il mio maestro - la nostra anima dai cattivi umori prima di esercitare funzioni critiche. Se pure questo fatto di ripulire l'anima da cattivi umori ha il suo pericolo; perché ci sono anime che non posseggono quasi altro e, ripulendosene, corrono il rischio di rimanere al verde. Purità, bene; ma non eccessiva, perché siamo essenzialmente impuri. La malinconia o bile nera - atra bilis - ha collaborato più di una volta col poeta e in pagine che non tramontano. Non dobbiamo rifiutare il critico perché è malinconico. Tuttavia un po' di sapone e un pochino di strofinaccio, non fa mai male al gregge letterario. * * * Che ogni uomo sia superiore alla sua opera è l'illusione che è bene mantenere finché siamo in vita. Tuttavia è possibilissimo che la verità sia il contrario. Per questo vi consiglio di conservare l'illusione dell'una Antonio Machado - 11
apertura cosa accompagnata dal sospetto dell'altra. E tutto questo a patto che non siate mai soddisfatti né del vostro uomo né della vostra _opera. * * * Dei diari intimi il mio maestro diceva che nulla gli pareva meno intimo di quei diari. * * * In arte il momento creatore, che è quello delle grandi finzioni, è anche il momento della nostra verità, il momento di modestia e cinismo nel quale ci azzardiamo a essere sinceri con noi stessi. È il momento di cominciare un diario intimo? Forse no, perché restano ormai pochi giorni da annotare in quel diario, e quelli passati, come potremo annotarli di passaggio? È il momento di gettare il nostro diario nel cestino della carta straccia, nel caso che lo avessimo scritto. * * * (Intermezzo) È inutile - parla Mairena, affrontando un amico tradizionalista, in una tertulia di caffè di provincia - che lei cerchi Filippo II nel suo panteon dell'Escorial, perché è li che non resta di lui assolutamente nulla. Questo culto dei morti mi ripugna. L' ieri va cercato nell'oggi; da quella polvere ci portarono - o portonno, se più le piace - questo fango. Filippo II non è morto, amico mio. Filippo II sono io!!! Non mi aveva riconosciuto? Questo aneddoto, annotato da uno dei discepoli di Mairena, spiega la fama di pazzo e spiritista che accompagnò il mio maestro negli ultimi anni di vita. * * * li nostro Cervantes - continua Mairena - non ammazzò, poiché erano già morti, i romanzi cavallereschi, ma li resuscitò collocandoli nelle cellette del cervello di un pazzo, come miraggi del deserto mancego. Con quegli stessi romanzi cavallereschi, epica degenerata, romanzi propriamente detti, creò il romanzo moderno. Dal più umile proposito letterario, la parodia, sorge - quale ironia! - l'opera più originale di tutte le letterature. Perché a noi spagnoli non potranno strappare questa gloria: che ciò che è nostro, profondamente nostro, non assomiglia a nulla. Strano e meraviglioso mondo quello della finzione cervantina, col suo doppio tempo e doppio spazio, con la sua serie di figure doppiate - le reali e quelle frutto di allucinazioni-, con le sue due grandi monadi dalle finestre aperte, le sue due coscienze integrali e, pur tuttavia, complementari, che camminano e dialogano. Contro il solusipse della 12 - Antonio Machado
apertura . . . .. ... . ~ . . - ~ incurabile sofistica della ragione umana militano non solo Platone e il Cristo ma anche, in un libro di burle, l'umore cervantino, tutto un clima spirituale che è, ancora oggi, il nostro. Si comprende come mai quell'altro grande romanzo che tutti aspettiamo tardi tanto ad arrivare. * * * Conservatori? Benissimo- diceva Mairena -. Sempre che non lo intendiamo alla maniera di quel tignoso che si ostinava a conservare non già la salute, ma la tigna. Questo è infatti il problema del conservatorismo - che cosa conviene conservare? -, che si pongono soltanto i più intelligenti. Quei bravi conservatori sempre lapidati dai loro correligionari, e senza i quali tutte le rivoluzioni passerebbero senza lasciar traccia! * * * (Mairena al caffè) - Ma la dittatura della pantofola, caro Mairena, sarebbe qualcosa Antonio Machado - 13
apertura di assurdo e terribile, veramente inaccettabile. - La pantofola, caro don Cosimo, è una calzatura comoda, economica e più compatibile con l'igiene, e anche con la pulizia, di quegli stivaletti di pelle lucida che porta lei. - Lei esce sempre per il rotto della cuffia. Sa fin troppo bene che cosa intendo dire. - Infatti: lei parla come un gran "lustreador", come dicono nel Cile, lustrascarpe maggiore del regno ideale delle estremità inferiori. E non concepisce che in tale regno la pantofola può aspirare alla dittatura. Ha ben poca fantasia, caro don Cosimo. - Sempre in vena di scherzare, lei, amico Mairena. * * * Un bel giorno - Mairena parla ai suoi alunni - i poeti e i filosofi si scambieranno le carte. I poeti canteranno il loro stupore per le grandi imprese metafisiche, in particolar modo per la maggiore di tutte, che pensa l'essere fuori del tempo, l'essenza separata dall'esistenza, come a dire il pesce vivo e all'asciutto, e l'acqua dei fiumi come un'illusione dei pesci. E orneranno le loro lire con ghirlande per cantare questi vecchi miracoli del pensiero umano. I filosofi invece a poco a poco pareranno a lutto le loro viole per pensare, come i poeti, alfugit irreparabile tempus. E per questo declivio romantico giungeranno a una metafisica esistenzialista basata sul tempo; qualcosa in verità di poematico piuttosto che filosofico. Giacché, sarà il filosofo a parlarci di angoscia, l'angoscia essenzialmente poetica dell'essere accanto al nulla, e il poeta che ci parrà ebbro di luce, inebriato dai vecchi superlativi eleatici. E poeta e filosofo staranno facciaa-faccia - mai ostili - e ciascuno lavorerà su ciò che tralascia l'altro. Così parlava Mairena, spingendosi fino a pensare vagamente a un poeta tipo Paul Valéry e a un filosofo tipo Martin Heidegger. * * * È vero - diceva profeticamente il mio maestro - che si avvicinano guerre terribili, rivoluzioni cruentissime, tra le cui cause più profonde potremmo forse segnalare la discordanza tra l'azione e i suoi postulati ideali, e una grande lotta tra l'elementarità e la cultura che affoga il mondo in un'immensa ondata di cinismo. Siamo prossimi a una catastrofe morale di proporzioni gigantesche, nella quale resteranno in piedi solo le virtù ciniche. I politici dovranno aggrapparvisi e governare attraverso di esse. La nostra missione è farci avanti con l'intelligenza per restituire la sua dignità di uomo all'animale. Ecco l'aspetto più profondamente didattico della nostra Scuola Popolare di Sapienza Superiore. 14 -Antonio Machado
apertura * * * Non dobbiamo mai incorrere nell'errore di prenderci troppo sul serio. Poiché, con quale diritto sottoporremmo l'umano e il divino alla più acuta critica, se al tempo stesso dichiarassimo intangibile la nostra personalità di omiciattoli docenti? Che nella nostra scuola non entri nessuno che non si azzardi a disprezzare in se stesso tante cose quante ne disprezza nel suo vicino, o che sia incapace di proiettare la propria personalità sullo schermo del ridicolo. Ogni meschina autodifesa nella nostra scuola è proibita. Poiché la zona più ricca delle nostre anime, che è anche la più estesa, è quella a cui di solito il nostro amor proprio vieta la conoscenza. Ve lo dirò in modo suggestivo: nella nostra propria clinica dobbiamo essere tanto dei pazienti come dei chirurghi e perfino, se me lo fate dire, dei cadaveri che eseguano la dissezione di se stessi nella nostra sala di dissezione. In questo modo riusciremo a guadagnar terreno sui nostri avversari, se ne abbiamo, perché essi ci combatteranno sempre con armi spuntate e meno affilate delle nostre. * * * Noi non pretenderemmo mai di educare le masse. Che il diavolo le porti. Noi dirigiamo l'uomo, che è il solo che ci interessa; l'uomo in tutti i sensi della parola: l'uomo ingenere e l'uomo individuale, l'uomo essenziale e l'uomo empiricamente dato in circostanze di luogo e di tempo, senza escludere l'animale umano nei suoi rapporti con la natura. Ma l'uomo massa non esiste per noi. Se anche il concetto di massa si può applicare adeguatamente a tutto ciò che raggiunge volume e materia, non serve per aiutarci a definire l'uomo, poiché questa nozione fisico-matematica non contiene un atomo di umanità. Scusate se vi dico cose di così spiccata ingenuìtà. Ai nostri giorni bisogna dire tutto. Poiché quelli stessi che difendono gli agglomerati umani di fronte ai loro più abominevoli sfruttatori, hanno raccolto il concetto di massa per convertirlo in categoria sociale, etica, e anche estetica. E questo è francamente assurdo. Immaginate quel che potrebbe essere una pedagogia per le masse! L'educazione del bambino-massa! Essa sarebbe, in verità, la pedagogia dello stesso Erode, qualcosa di mostruoso. * * * In quanto al concetto di élite o minoranza scelta, avremmo molto da dire in riferimento alla nostra Scuola di Sapienza, perché esso ci pone problemi molto difficili se non addirittura insolubili. Questi problemi passerebbero forse intatti dalla lezione di Sofistica a quella di Metafisica. Solo devo anticiparvi che io non credo alla possibilità di una somma di valori qualitativi, poiché essa implica unà previa omogeneizzazione che suppone, a sua volta, una squalifica di questi stessi valori. Per la nostra Scuola ci occorre un uomo straordinario, o se volete, diversi uomini straordinari, ma capaci, ognuno di essi, di sollevare e teAntonio Machado - 15
apertura nere in bilico, con le proprie forze, il carico della sapienza. Il carico della propria sapienza? Certo. Non c'è maggior sapienza della propria. E dato che per noi la divisione del lavoro non esisterebbe perché incominceremmo per non lavorare o, in ultima analisi, per non accettare lavoro che fosse divisibile, il gruppo dei sapienti specializzati nelle più difficili discipline scientifiche non verrebbe alla nostra scuola e, meno ancora, ne uscirebbe. Noi non negheremmo il nostro rispetto e venerazione a questo gruppo di sapienti, ma non concederemmo loro importanza maggiore che non all'uomo ingenuo, capace di porsi spontaneamente i problemi più essenziali. * * * Intellettuali? Perché no? Ma mai virtuosi dell'intelligenza. L'intelligenza deve sempre servire a qualcosa, applicarsi a qualcosa, giovare a qualcuno. Se scoprissimo che l'intelligenza non serve a nulla, allora la esibiremmo ancora meno in esercizi superflui, sportivi, puramente ginnici. Che esista una ginnastica intellettuale che fortifichi e renda intellettualmente agile chi la esegue, è possibilissimo. Ma per noi sarebbe un'attività privata, tanto è utilitaria ed egoista, come mangiare o purgarsi, lavarsi o vestirsi, mai da esibire in pubblico. La ginnastica come spettacolo ha istupidito mezzo mondo e finirà per istupidire l'altra metà. * * * Di tutte le macchine che l'uomo ha costruito, la più interessante è, a mio parere, l'orologio, ordigno specificamente umano che la pura animalità non avrebbe mai inventato. Il cosiddetto homo faber non sarebbe veramente homo, se non avesse fabbricato orologi. E a dire il vero, non ha grande importanza che li fabbrichi; basta che li adoperi; meno ancora: basta che ne abbia bisogno. Perché l'uomo è l'animale che misura il suo tempo. * * * Le voci interiettive - parolacce, moccoli e bestemmie che tuonano sovrabbondanti nel linguaggio di alcuni dei nostri compatrioti - non · sono affatto come le voci espletive, di cui appare lastricata la prosa dei greci: né paracarri né cippi che ostacolano o limitano il pensiero, né elementi eufonici del linguaggio, né cardini logici sui quali possa girare il discorso, né scambi per cambiargli il binario. Sono piuttosto valvole di scappamento di un motore a scoppio. Esempio: "Perché io, corbezzoli! per l'impressione, porco cane, dissi: Cacchio! Che razza di schifo di materia fecale è questo? Perdiiio! !!" Quando studieremo con più agio questi fenomeni della lingua viva, ci saremo allontanati abbastanza dalla letteratura; ma non tanto, come forse pensate, dalla poetica. 16 -Antonio Machado
apertura * * * Uno dei segni che maggiormente denunciano un cambio di clima spirituale è la costante degradazione della comicità e il suo concomitante abbrutimento del riso. La verità è che mai come ai nostri giorni c'è stata al mondo tanta gente che quando ride sembra che ragli. * * * Ma tutto sarà per il bene, come dicono i progressisti. Il riso asinino è chiara rivelazione di una comicità assurda in procinto di sparire. Perché, a guardar bene, o meglio a sentir bene, non c'è nulla di più triste, e perfino in certo senso di più apocalittico, del raglio. * * * Leggendo Nietzsche, diceva il mio maestro Abel Martin - Mairena seguita a parlare ai suoi alunni - si direbbe che è il Cristo che ci ha avvelenati. E ben potrebbe essere il contrario - aggiungeva - che siamo stati noi a avvelenare il Cristo nelle nostre anime. * * * Il cinematografo, diceva il mio maestro tirando l'acqua al mulino della sua metafisica, è un'invenzione di Satana per annoiare il genere umano. Egli ci mostra la grande balordaggine estetica di un mondo essenzialmente cinetico, entro il quale l'uomo, culmine di animalità, rivela, sotto la sua apparenza di semovente, la sua qualità di mero proiettile. Perché quell'uomo che corre come un pazzo per una strada, si arrampica su un palo telegrafico o compare sulla grondaia del tetto per poi tuffarsi in un pozzo, finisce per annoiarci quanto una palla da bigliardo che rimbalza contro le sponde di un tavolo. Finché quell'uomo non si sarà fermato - pensiamo-, non sapremo di lui nulla d'interessante. * * * Tuttavia dal cinematografo, che ha tanto di arte bella quanto la scrittura o la stampa o il telegrafo, vale a dire non molto, e moltissimo invece di veicolo di cultura e di mezzo per la sua diffusione, bisogna esigere, come dalla fotografia, che ci lasci di fronte agli oggetti reali senza aggiungere loro altro che il movimento, quando l'hanno, riproducendolo con la maggiore esattezza possibile. Perché nella fotografia solo l'oggetto reale, inesauribile per chi sappia guardarlo, può interessarci. Ed è già molto che a Chipiona possiamo vedere le cascate del Niagara, i bastimenti del canale di Suez, la pesca del tonno nelle tonnare di Huelva. Fotografare fantasmi composti in uno studio di cineasti è qualcosa di perfettamente stupido. L'unico modo di non poter immaginare l'immaginario è che ce lo diano in fotografia, alla pari degli oggetti reali che percepiamo. Il bambino sogna le figure di una fiaba a Antonio Machado - 17
apertura patto che sia lui a immaginarla, a avere almeno qualcosa da immaginare in esse. E anche l'uomo. Un fantasma fotografato non è.più interessante di una caffettiera. In generale la cinematografia orientata verso il romanzo, il racconto o il teatro è profondamente antipedagogica. Essa contribuirà a istupidire il mondo, preparando nuove generazioni che non sappiano vedere nè sognare. Quando in Europa ci saranno dittatori con senso comune, gli ergastoli pulluleranno di cineasti. (Questo, evidentemente, era un modo di dire di Juan de Mairena per impressionare i suoi alunni).· * * * (Sulla politica) Ricordiamo di nuovo il consiglio machiavellico che Machiavelli dimenticò: "Cerca che il tuo nemico non abbia mai ragione. Che non l'abbia contro di te. Perché l'uomo è l'animale che combatte con la ragione; voglio dire, che assale con essa. Dio ti liberi dal morso di un bruto carico di ragione". * * * ...Cercate soprattutto di non far morire la lingua viva, che è il grave pericolo delle aule. Di scrivere, per ora non se ne parli. Questo verrà più tardi: non tutto merita di essere fissato sulla carta. Nè è opportuno che si possa dire di voi: Dicono tante sciocchezze ma come le sanno scrivere bene! * * * Meditate di preferenza sulle frasi più volgari, che di solito sono le più ricche di contenuto. Osservate questa, così cordiale e benevola: "Sono contento di vederti in buona salute". E questa, di carattere metafisico: "Dove andremo a finire?" E quest'altra, così ingenuamente blasfema: "Cento di questi giorni". Dovete approfondire le frasi fatte prima di volerne fare di migliori. * * * L'albero della cultura, più o meno frondoso, sui cui rami più alti può darsi che un giorno vi arrampicherete, non ha altra linfa che il nostro proprio sangue, e solo per caso potrete trovare le sue radici nelle aule delle nostre scuole, Accademie, Università, ecc. E non ve lo dico per curare in anticipo la solenne tristezza delle aule, che un bel giorno vi potrebbe assalire, col consiglio di non entrarvi. Perché io non penso che la cultura, e tanto meno la sapienza, debba essere necessariamente allegra come un gioco. È possibilissimo che i bambini, nei quali il gioco sembra essere l'attività più spontanea, giocando non imparino nulla; neppure a giocare. 18 - Antonio Machado
apertura * * * Non vi vantate mai, ve lo ripeto, di essere autodidatti, perché è poco ciò che si può imparare senza l'aiuto altrui. Tuttavia non dimenticate che questo poco è importante e che non ve lo può insegnare nessuno. * * * Ma torniamo alle nostre frasi fatte, ché non c'è buona Rettorica se non si considerano e si studiano. Osservate questa: nutro lasperanza, e la molta sostanza che ha il fatto che sia la speranza ciò che si nutre. La verità è che tutti ne nutriamo qualcuna temendo che ci muoia di fame. * * * Sebbene io sia un uomo modesto - seguita a dire Mairena - non ho mai creduto alla modestia dell'uomo. Intendiamoci. Non mi sono mai obbligato a credere che l'uomo sia una cosa modesta, mediocre o, meno ancora, insignificante. A guardar bene, l'insignificante non è l'uomo, ma il mondo. Considerate la facilità con cui possiamo: primo, pensarlo; secondo, immaginarlo; terzo, misurarlo; quarto, dubitare della sua esistenza; quinto, cancellarlo; sesto, pensare ad altro ... * * * Delle rivoluzioni il mio maestro diceva: "Queste rivoluzioni non ci sono, perché tutto è evoluzione". Diciamolo una volta per tutte: tutto fa parte del divenire universale (l'erosione della pietra, causata alla fine dei secoli dalla rugiada del mattino, i terremoti della Martinica, ecc., ecc.). Non c'è motivo di aver paura delle rivoluzioni. * * * li marxismo, signori, è un'interpretazione giudaica della Storia. Tuttavia il marxismo impiccherà i banchieri e perseguiterà gli ebrei. Per fuorviare? * * * In fondo in fondo, anche la persecuzione degli ebrei è giudaica. E non solo perché presuppone la previa esistenza del popolo deicida, ma anche perché, e soprattutto, c'è qualcosa di più giudaico dell'illusione di appartenere a un gregge privilegiato per perdurare nel tempo? "Qui non c'è altro popolo eletto che il nostro!" Così parla lo spirito mosaico attraverso i secoli. * * * Siate uomini di cattivo gusto. lo vi consiglio il cattivo gusto per combattere gli eccessi della moda. Perché ciò che non si porta in una determinata epoca è sempre di cattivo gusto. E potreste trovare in ciò, a volte, quello che si dovrebbe portare. Antonio Machado - 19
apertura * * * Dell'insegnamento religioso il mio maestro diceva: "La verità è che non lo vedo da nessuna parte". E c'è chi parla di sostituirlo con un altro. Dovevo sentire anche questa! * * * - Conviene essere di ritorno da tutto. - Senza essere andato in nessun posto? - È questo il bello, amico mio. * * * Sofisti infine, in certo modo siamo fedeli al principio di Protagora: l'uomo è la misura di tutte le cose. Forse diremmo meglio: l'uomo è la misura che misura se stessa o che vuole misurare le cose misurando se stessa, un misuratore tra incommensurabilità. Poiché ciò che è specificamente umano, più che la misura, è la smania di misurare. L'uomo è colui che tutto misura, povero figlio cieco di colui che tutto vede, nobile ombra di colui che tutto conosce. * * * Non attaccate mai con la ceralacca le foglie secche degli alberi per stancare il vento. Perché il vento non si stanca, ma si arrabbia e si porta via le foglie secche e quelle verdi. * * * Imparò tante cose - scriveva il mio maestro alla morte di un suo amicQ erudito -, che non ebbe tempo di pensare a nessuna di esse. * * * Quando il Cristo tornerà - diceva il mio maestro-, predicherà l'orgoglio agli umili, come ieri predicava l'umiltà ai potenti. E le sue parole saranno, approssimativamente, le stesse: "Ricordatevi che vostro padre è nei cieli; tanto alto è il vostro lignaggio da parte di padre. Per voi sulla terra ci sono soltanto doveri fraterni, indipendenti dai vincoli del sangue. Congedate una volta per sempre il biblico stallone umano". * * * Non dimenticate che è tanto facile togliere a un maestro la sua bacchetta, quanto è difficile dirigere con essa la quinta sinfonia di Beethoven. * * * Quando gli uomini accorrono alle armi, la rettorica ha terminato la 20 - Antonio Machado
apertura sua missione. Poiché non si tratta più di convincere, ma di vincere e abbattere l'avversario. Tuttavia, non c'è guerra senza rettorica. E la caratteristica della rettorica guerriera consiste nell'essere la stessa per i due belligeranti, come se entrambi convenissero nelle stesse ragioni e fossero arrivati a un previo accordo sulle stesse verità. Di qui il mio maestro inferiva l'irrazionalità della guerra, da una parte, e della rettorica, dall'altra. * * * Un'arte proletaria? Per me non c'è problema. Ogni arte vera sarà proletaria. Voglio dire che ogni artista lavora sempre per la prole di Adamo. La cosa difficile sarebbe creare un'arte per senoritos, che non è mai esistita. * * * In nessuna maniera vorrei - parla Juan de Mairena ai suoi alunni - educarvi da senoritos, da uomini che eludano il lavoro con cui si guadagna il pane. Siamo arrivati già a una piena coscienza della dignità essenziale, della suprema aristocrazia dell'uomo; e di ogni privilegio di classe pensiamo che non potrà mantenersi nel futuro. Perché se l'uomo, come noi crediamo, d'accordo con l'etica popolare, non ha su di sè un valore più alto di quello di essere uomo, il vantaggio di un gruppo sociale su un altro manca di fondamento morale. Della grande esperienza cristiana, ancora in corso, è questa una conseguenza ineludibile, alla quale il popolo è arrivato, come di consueto, prima dei nostri dottori. Il divino Platone filosofava sulle spalle degli schiavi. Per noi questo è eticamente impossibile. Perché nulla ci autorizza più a gettare sulle spalle del nostro prossimo le fatiche dei campi, il lavoro bollato col segno della necessità, mentre noi attendiamo alle alte e libere attività dello spirito, che sono quelle specificamente umane. No. Il lavoro propriamente detto, l'attività che si realizz.aper necessità ineluttabile del nostro destino, in circostanze obbligate di luogo e di tempo, può coincidere o non coincidere con la nostra vocazione. Questa coincidenza si offre alcune volte, altre no; in alcuni casi è impossibile che si produca. Pensate ai lavori nelle miniere, alla pulizia e al dragaggio delle fognature, ai molti lavori d'ufficio, così abbrutenti ... La cosa necessaria è lavorare, per nulla affatto la coincidenza del lavoro con la vocazione di colui che lo realizz.a.Ed _èquesto lavoro necessario che, lungi dall'inorgoglire l'uomo, lo umilia e potrebbe anche degradarlo; è questo lavoro che deve dividersi egualmente fra tutti, affinché tutti possano disporre del tempo e dell'energia necessariamente richieste dalle attività libere, non superflue e non parassitarie, grazie alle quali l'uomo eccelle sugli altri quadrumani. Se questo concetto è bene stabilito tra noi, potremo passare a esaminare quanto c'è di superstizioso nel culto apologetico del lavoro. Rimandiamo a·un altro giorno, in cui parleremo degli esercitidel lavoro. Antonio Machado - 21
apertura (Onda di cinismo) Un'onda gigantesca di cinismo minaccia il mondo intero. l>er cinismo intendo, in questo caso -, attenendomi a uno dei significati etimologici che si assegnano alla parola cinico (da kyon, kyn6s, cane) - una certa fede nell'animalità umana, il cosiddetto stato di natura, che contiene virtù più autentiche dei valori culturali, una certa ribellione della elementarità contro la cultura, che adotta forme molto diverse. La battaglia è molto antica e rincrudisce al declino di molte civiltà. In pieno illuminismo il cinico Rousseau, quell'e,ifantde lanature, inizia il romanticismo e, conseguentemente, una cultura romantica nel ribellarsi contro una cultura classica - voglio dire zavorrata eccessivamente di ragione e d'intelligenza-, in difesa dei diritti della sentimentalità. Il cinismo attuale milita contro Rousseau, in quanto si ribella contro la cultura romantica che aveva sconvolto la ragione con l'influsso del sentimento e creato quelli che durante tutto il secolo XIX abbiamo usato denominare ideali; eppure sta dalla parte di Rousseau, l'immortale ginevrino, poiché continua ad essere cinismo, cioè, fede nella elementarità come fonte dei valori umani più veraci. Il cinismo attuale si chiama, con maggiore o minore esattezza, interpretazionematerialista della storia. L'opera d'un ebreo tedesco, grande ramo staccatosi dall'albero di Hegel, lo rappresenta ai nostri giorni. Carlo Marx conserva la sua fede hegeliana in un processo evolutivo dell'assoluto ed anche lo schema logico del maestro, inseriti in una nuova fede cinica che il vecchio Antistene avrebbe approvato: non sono fattori ideali, ma economici in ultima istanz.a, le necessità dell'animalia umana, gli agenti determinanti della storia. Il marxismo invaderà il mondo. È un'onda di cinismo? Senz.adubbio. Ma intendiamoci: io non vi ho detto ancora su che cosa si fonda, a mio parere, la forz.a incontrastabile del cinismo, per quale causa il cinismo percorre la storia ed è stato tante volte fecondo e lo sarà ancora. Il cinismo più autentico, quello che professarono i Greci nel ginnasio di Cinosarge, è un culto fanatico per la veracità, che non indietreggia davanti alle più amare verità dell'uomo. Vi darò un esempio: Se l'uomo fosse essenzialmente un porco - cosa che io sono ben lungi dal credere - soltanto il cinico non sarebbe disposto - come i pragmatisti - a difendergli il segreto; la virtù cinica consisterebbe nel riconoscerlo, proclamarlo e accettare coraggiosamente il destino porcino dell'uomo attraverso la storia. Comprendete ora perché in epoche di pragmatismo ipocrita il cinismo è una reazione necessaria? Comprendete ora come il marxismo, per quanto sia errato, nel voler segnalare una verità in mezzo a un diluvio di menzogne, ha un valore etico indiscutibile? * * * Un giorno - parla Juan de Mairena ai suoì alunni - potremmo 22 - Antonio Machado
apertura trovarci davanti a questo bivio: da una parte, la guerra, inevitabile; dall'altra, la pace, vuota. Detto in altro modo: quando la pace è vuota, priva di ogni contenuto religioso, metafisico, etico, ecc., e la guerra carica di ragioni polemiche, di motivi per guerreggiare, appoggiata a una religione e a una metafisica e a una morale e perfino a una scienza del combattimento, che cosa potrà la pace contro la guerra? In questo caso il pacifismo vorrà dire soltanto: paura delle terribili stragi della guer- · ra. La guerra, matribus detestata, avrà dalla sua parte tutti gli uomini coraggiosi, di fronte a una pace solo accompagnata dalla paura. In cattiva compagnia andrà allora la pace. Vi giuro che non vorrei arrivare a quei tempi. (Sulla guerra) Si vis pacem para bellum, dice un adagio latino alquanto superfluo, perché l'uomo è per natura combattivo e per guerreggiare è sempre più o meno paratus. Comunque, il proverbio conduce soltanto, come tante altre sentenze latine, a un vicolo di difficile uscita: in questo caso, alla corsa agli armamenti, il cui traguardo è la guerra. Antonio Machado - 23
apertura Più saggio sarà indurre i popoli a preparare la pace, a premunirsi per essa e, prima di ogni cosa, ad amarla, usando proverbi meno paradossali. Ad esempio, se vuoi lapace, cercache i tuoi nemicinon amino la guerra; detto in altro modo: cercadi non averenemici, o, che è lo stesso: cercadi trattarei tuoi vicinicon amoree giustizia. Capisco bene che questo ci porterebbe, in ultima istanza, a rimettere in luce il Cristo, cosa che, dopo Nietzsche, è di cattivo gusto, propria di sagrestani e filistei a giudizio di molti saccenti, che non hanno notato ancora come i filistei e i sagrestani non sogliono mettere fuori il Cristo in funzione amorosa, ma per benedire i cannoni, le bombe incendiarie e perfino i gas omicidi. Comprendo anche che le sentenze più giudiziose e meglio intenzionate potrebbero non portarci inevitabilmente alla pace. Ma che cosa ne sappiamo di una società cristiana con meno latino - il latino è uno dei più grandi nemici del Cristo - e maggior senso comune della nostra? * * * Ladro di energie, chiamava Nietzsche il Cristo. Ed è un peccato - aggiungeva Mairena - che non ci abbia rubato abbastanza. * * * Sull'orgogliomodesto, del quale vi ho parlato tante volte, voglio aggiungere: Poca cosa è l'uomo e, nondimeno, cercate di vedere se trovate qualcosa che sia superiore all'uomo; qualcosa, soprattutto, che aspiri come l'uomo a essere più di quello che è. Sull'essere sono informati tutti gli esseri, uomini e lucertole; sul doveressere quello che non si è sono esperti soltanto gli uomini ... * * * L'insoddisfazione è, cari amici, l'unica base della nostra etica. Eccola, se mi chiedete una pietra fondamentale per il nostro edificio. Antonio Machado (Siviglia 1875 - Collioure 1939) è considerato da molti come il più grande poeta del nostro secolo. Oreste Macrì ha raccolto in traduzione italiana le sue Poesie e le sue Prose per l'editore Lerici a metà degli anni Sessanta, due volumi ormai purtroppo introvabili. Lo ringraziamo caldamente per averci permesso di riprodurre delle Prose parte del Juan de Mairena, un testo del 1936, nella traduzione sua e di Elisa Terni Aragone. Joaquin Xirau (Figueras 1895- México 1946), fu filosofo e insegnante, autore di numerosi saggi su Rousseau, Descartes, Husserl, Bergson. Il testo che pubblichiamo è apparso nel n. 112, luglio-agosto 1983, della rivista messicana "Dialogos", assieme a molti altri di esuli spagnoli scritti nel 1939 in memoria di Machado, mai pubblicati e fortunosamente ritrovati di recente negli archivi del Colegio de México. Ringraziamo calorosamente Ramòn Xirau, figlio di Joaquin e direttore di "Dialogos", per avercene permessa la traduzione. I disegni di questo numero sono opera del fratello di Antonio, José Machado (Siviglia 1879- Santiago del Cile 1958), illustratore di molti libri di Antonio e in particolare di La guerra (1937). 24 - Antonio Machado
apertura Joaquin Xirau Per un camminochiaro Gli ultimi giorni di Antonio Machado L'ultima residenza di Antonio Machado a Barcellona fu in una casa signorile circondata da un antico parco frondoso e trascurato. Sul retro, i sentieri coperti di foglie secche e le fronde degli alberi si confondevano con i pini d'alta montagna. La facciata principale fronteggiava un'ampia spianata a giardino, e aveva ai suoi piedi la città immensa, sul fondo l'ampio azzurro del mare. Nella parte bassa della costruzione avevano trovato alloggio alcune famiglie sfollate dalla riviera assolata dell'Ebro. Qualche gallina e pochi agnelli - unici resti della fattoria - si aggiravano per i giardini e per il bosco. Le donne coltivavano piccoli appezzamenti a ortaggi per il sostentamento quotidiano. A 63 anni don Antonio era nel pieno del suo vigore spirituale. Lavorava intensamente, debole nel corpo e forte nell'animo. Le gambe semiparalizzate potevano appena sostenerlo. Al braccio di qualcuno o appoggiandosi a un bastone, si azzardava a fare qualche passo per i sentieri luminosi del giardino. Manifestava la sua forza spirituale nella penetrante vivacità dello sguardo e nella amenità della conversazione, in cui si alternavano il fervore e la benevolenza di un ironico umorismo. Non parlava mai male di nessuno. Era raro che gli si parlasse di qualcuno senza che immediatamente osservasse: "brava persona!" Rivelava in questo la bontà profonda del suo animo: era un uomo semplice e "buono, nel senso buono della parola". Viveva con la madre, una vecchia andalusa bellissima, col fratello José, la moglie e le figlie di questi. Il fratello era per lui una specie di cireneo. Erano intimamente uniti da un amore fatto di tenerezza e di ammirazione. L'affetto per le nipoti si estendeva generosamente a tutti i figli degli sfollati che animavano la casa con il loro clamore. Donna Anna, la vecchia signora, trattava don Antonio come un bambino. "Perché oggi non ti sei pettinato?" "Sembri un vecchio", gli diceva notando qualcuna delle tante trascuratezze del suo maldestro modo di vestire. Molte volte, quando si sedeva a tavola, gli legava al collo con tenerezza un tovagliolo. Don Antonio accettava tutto con amore e rispetto. Una senile sordità impediva alla signora di sentire il suono delle sirene d'allarme. Sussultava invece nei momenti di calma più profonda. "Quando la mamma sente qualcosa", era solito dire sorridendo don Antonio, "è sicuro che non sta succedendo niente". La sola cosa che lo infiammava e provocava in lui moti d'ira indignati Joaquin Xirau - 25
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