Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

narrativae diario nia debba pesare la sentenza dell'inanità e della sconfitta. Avevo sostenuto anche che ciò che era accaduto dopo l'Agosto, ciò che già era stato compiuto, era e sarebbe restato nella storia d'Europa una memorabile lotta combattuta per l'anima collettiva e i diritti e che qualsiasi cosa fosse accaduta nessuno avrebbe potuto toglierci un simile patrimonio spirituale. Era allora intervenuto un acuto e loquace biondino con gl occhiali, che sedeva nel banco più alto: "Capisco. Significa che esistono valori per cui bisogna pagare il prezzo più alto, compreso il sacrificio della vita, senza tener conto delle conseguenze ... ". Io allora ero rimasto zitto. Nella sala si era fatto silenzio. "No", avevo risposto poi, "Lei mi ha capito male. Non sono un fautore dell'autodistruzione". Ero riuscito a dire solo quello. Il momento non era stato facile, avevo provato un vuoto improvviso in testa. E allora, quasi avesse provato compassione per me, qualcuno aveva chiesto come concepissi il ruolo dello scrittore contemporaneo. Il vuoto aveva cominciato allora a riempirsi e avevo spiegato che avrei volentieri cancellato la parola "ruolo", sostituendola con "questione". Per la letteratura è la questione dello scrittore con se stesso, una sorta di coronamento della verità della propria umanità o personalità - una scelta di un se stesso tra i molti che potremmo divenire. E con questo la discussione era finita. Mi avevano poi invitato a prendere un tè alla mensa, c'erano dei vassoi con delle tartine e al mio tavolo si erano sedute due simpatiche ragazze con cui avevo parlato di teatro. Kazimierz Brandys - 89

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