Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

narrativae diario calista Switon, presso il tribunale di Katowice. La sala è stata finalmente percorsa da un fremito. È accaduto quasi alla fine, ma è accaduto quello che si attendeva. Erano state pronunciate le tanto attese parole, era giunto il momento della riparazione ... Si sentiva l'alitare del miracolo. Sono rimbombati gli applausi. Annoto le mie impressioni senza alcuna acredine. E poi verso chi? La maggior parte dell'uditorio era costituita da conoscenti, amici, gente molto per bene (definizione che Dostoevskij amava molto), che la pensava come me. Ma tra i conoscenti con cui ho parlato sia durante l'intervallo che all'indomani, solo due o tre hanno espresso rispetto per il primo oratore. AltFi due lo hanno fatto con discrezione, come unicamente a mio uso e consumo. In fondo in fondo consideravano infatti il primo discorso come un increscioso incidente, una faccenda spiacevole. Perché? Eppure aveva detto la verità su quegli anni; dispiace vivere in una società in cui la verità può essere qualcosa di increscioso. Mi sono comunque trovato quasi isolato visto che a sostenere simili opinioni, a Varsavia come a Cracovia, la gente fa tanto d'occhi o sorride a mezza bocca con malinconia. Sono stato io alla fine a dire a qualcuno: "Di che ti stupisci? Non tutti gli uccelli sono desiderati. Sono venuti per sentire il battito di ali possenti e hanno udito il rintocco del picchio. Ma di un picchio saggio... ". * * * Mercoledì un tè serale con la partecipazione di Mademoiselle R. che ho conosciuto quand'ero a Parigi. C'erano anche alcuni amici. Una conversazione intercalata dai berci di Pik sbronzo. "Con chi va a letto quella puttana?". È venuto dopo essersi fatto un quartino di vodka. Magro, olivastro, mi siede di fronte con il suo musetto lupino ed i suoi denti nuovi, bianchi. Non parla il francese. Tentiamo di annacquare l'insolita situazione con una conversazione disperata. Julek S. racconta della cerimonia per l'anniversario al Milite Ignoto, dove si sono raccolte migliaia di persone (la milicja era invisibile, nascosta nelle adiacenze delle vie laterali). Migliaia di persone cantavano "O Dio che hai difeso la Polonia" e Il giuramento. Un mese fa Mademoiselle R. è passata accanto a un canuto c/ochard dagli occhiali neri che le è sembrato somigliare a Jean-Paul Sartre. La scorsa settimana, il giorno prima di partire, è passata di nuovo da Montparnasse e, non lontano dalla Coupole, ha intravisto Simone De Beauvoir che teneva sotto braccio quello stesso c/ochard. Un Sartre più scuro, un Sartre minuto, la barba lunga, i pantaloni sfilacciati in fondo. Ancora nel '76 avevo letto una sua intervista su "Le Nouvel Observateur". Era subito dopo la prima emorragia, ormai non ci vedeva più. Sosteneva che l'emorragia era stata provocata da un lavoro troppo intenso per il libro su Flaubert, lo aveva scritto prendendo degli stimolanti. "Tu", grida Pik "io i francesi li tengo nel culo!", e mi digrigna contro i suoi denti di perla. "Perché poi ti arruffiani quella puttana parigina?". Qualcuno tenta di calmarlo, Artur vorrebbe salvare la situazione, si aggrappa al tema della cultura mediterranea. Pik si toglie la protesi per mostrarla alle ospiti: "Guarda, puttana, ci ho speso 3000 zloty!". Panico, silenzio. Mademoiselle R. esprime la sua ammirazione per la ricostruzione dei monumenti di Varsavia. Alla fine Pik comincia ad infamare me e poi ancora qualcun altro: "coi coglioni!", grida, "è coi coglioni che si scrive!" e ora mettiamoci a cantare - ·penso - a cantare un cantico perché la francese KazimierzBrandys - 83

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