narrativae diario ogni modo però l'ingiusto giudizio della formulazione finale mi ha ferito. Ma l'intervento era coraggioso: l'ho sentito così, soprattutto come coraggioso. L'oratore voleva mostrare le proprie esperienze, esprimére la verità di quegli anni così sovente falsificata dalla stampa e dalla propaganda, anni ormai lontani che oggi destano la nostalgia e che - la cosa è comprensibile - la nostalgia idealizza e rende più belli. Come ho già detto prima, io appartenevo a quel settore dell'uditorio che ricordava quegli anni. In quell'intervento sentivo la resa dei conti di una riflessione non facile. Che cosa mi è piaciuto di più? La sobrietà, lo spirito autocritico, la preoccupazione. Vale la pena· di ricordare che il professore aveva cominciato il suo ragionamento con una scherzosa previsione: "È probabile che quello che sto per dire scandalizzi qualcuno di Loro ... ". Era quindi consapevole che si sarebbe inimicato il pubblico, che avrebbe suscitato delle contestazioni. Questo fatto da solo merita il massimo rispetto. Non ci sono stati applausi. "Ho fatto caso a come, nel susseguirsi del discorso del professor Kieniewicz" ha detto poi Jacek Wozniakowski, il terzo degli oratori, "Lor signori hanno fatto la faccia lunga e accigliata... ". Da parte mia ho trovato spiegazione della mancanza di applausi nella solennità festiva della cerimonia: evidentemente l'uditorio ha voluto celebrare questa serata di ricorrenza nel raccoglimento e nel silenzio. Quel silenzio è però divenuto di piombo. Il pubblico si è risentito per il discorso del professor Kienewicz, l'ha avvertito come scandaloso. Durante l'intervallo ho udito commenti colmi di irritazione e, qualche giorno dopo, alla direzione del PEN-Club sono cominciate ad arrivare lettere con espressioni di sdegno. Per che cosa? Per quale motivo? Per quelle frasi conclusive poco felici? Macché: per la mancanza di rispetto dei sentimenti patriottici. Si può davvero restare di stucco... Ma come, di nuovo Io stesso, eterno "non profanare il sacro" polacco? Vi è qualcosa di caricaturale, una sorta di ripetizione grottesca di un'autocostrizione nazionale. Dopo tante lezioni critiche, che smascheravano quel vizio con versi, filastrocche, dopo Boy, Gombrowicz ... Ma se il pubblico li conosceva a memoria, se ne compiaceva, se alcuni di loro erano perfino entrati a far parte della tradizione nazionale, delle letture scolastiche... È bastato invece radunare in una sala l'èlite dell'inteligencja polacca, dare la parola a un uomo che si è pronunciato su questioni importanti, da libero dinanzi a liberi, senza farsi condizionare dal "clima" del suo pubblico, dai suoi sentimenti e desideri, è bastato far questo perché l'èlite dell'inteligencja polacca reagisse immediatamente con una contrazione genetica, e trecento persone gridassero dentro di sè: scandalo! La tolleranza, il liberalismo, il rispetto delle altrui opinioni, decalogo delle virtù civiche (non è forse appunto questo che noi rivendichiamo?!), ecco che tutto questo d'un tratto è stato messo da parte. Mi sono state poi riferite le parole di una persona, non so chi: "Avevo voglia di picchiarlo". A esser sinceri sono stato colto da un tremito. A placare il pubblico è stato solo il terzo intervento. Dopo la comunicazione di Aleksander Giejsztor, che ha fatto conoscere al pubblico le fondamentali correnti del pensiero storico nella Seconda Repubblica, ha preso la parola Jacek Wozniakowski, storico dell'arte, un intellettuale cattolico. Ha parlato benissimo, affrontando il problema della cultura giuridica della nazione, abbondando in esempi di violazione della legge da parte dell'attuale magistratura: appena due giorni prima aveva assistito al processo del sinda82 - Kazimierz Brandys
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