discussione della letterarietà di un testo dovrebbe essere una semplice funzione delle sue proprietà "intrinseche"? Perché mai qui, e solo qui, dovrebbe bastare un puro soggetto semiologico (il "destinatario"), non ancora incarnato in quel soggetto storico, sociale, psicologico che è il lettore reale? I pragmatisti non negano affatto che oggi i semiologi sappiano, o anche ieri sapessero, "inserire i testi letterari nella contestualità di un'epoca specifica coi suoi meccanismi culturali, le sue molle dirette e indirette, i suoi ricambi". Ciò che propongono (a torto o a ragione) è di compiere un'analoga correzione sul piano teorico, e di abbandonare la "letterarietà" intrinseca del testo allo stesso destino a cui sono andate incontro nozioni (non meno venerabili e a loro tempo utili) quali "flogisto" o "cavallinità": richiamandosi con questo (a proposito di provincialismo) ad autorevoli studiosi stranieri come S. Fish, M.A.K. Halliday, R. Fowler, M.L. Pratt, che non hanno esitato a rendere esplicite certe profonde discontinuità concettuali. Ma, una volta detto ciò, i pragmatisti sono tutt'altro che indifferenti all'identità del testo. Essi non credono che certe presunte proprietà specifiche del testo siano in grado di determinare linearmente le norme del comportamento estetico: ma sanno perfettamente che le norme del comportamento estetico ci invitano, appunto, a valorizzare le proprietà del testo. Allo stesso modo, il teorico della percezione sottolinea bensì la cooperazione costruttiva del soggetto, ma non per questo sostiene che noi possiamo vedere tutto quel che ci pare, nella più sovrana indifferenza per la realtà. Quello in cui siamo coinvolti è un processo di interazione dove le proprietà strutturali dell'oggetto impongono precise condizioni di compatibilità (e perciò vanno, ovviamente, studiate): ciò non toglie che di interazione si tratti, e non di registrazione passiva di "dati", fisici, linguistici o semiologici che siano. Tutto sommato, dirà qualcuno, il risultato è però alla fine identico. Una volta compiuta questa correzione teorica, che 66 - FrancoBrioschi cosa cambia? Non parleremo ancora, per l'appunto, delle proprietà dell'oggetto, cercando di "inserire i ·testi letterari nella contestualità di un'epoca"? Credo che in realtà le conseguenze siano alquanto diverse. Anzitutto non esisteranno più proprietà privilegiate perché in linea teorica più pertinenti di altre. Basta un minimo di osservazione empirica per rendersi conto che, al contrario, certi modelli di lettura sono legati a poetiche ben definite, a momenti ben precisi dell'arte moderna. Nessun reato, naturalmente: ma il compito di una teoria non è imporre un modello di lettura sugli altri, bensì offrire una rappresentazione adeguata dell'esperienza che noi realmente facciamo delle letteratura, in tutte le sue componenti, fantastiche, emotive, esistenziali, oltre che semiologiche. E la verità è che comunque noi leggiamo un'opera spinti non solo da motivazioni estetiche (ammesso che siano definibili), ma anche e soprattutto da motivazioni extraestetiche: nè il cielo della teoria può limitarsi a riflettere le prime (più o meno arbitrariamente identificate), ignorando le seconde. La questione autentica, a ben guardare, è infine proprio quella dell'autonomia dell'arte. Una questione troppo complessa per essere sollevata in questa sede, ma davanti alla quale nessuna risposta può darsi facilmente come scontata. Personalmente, sono persuaso che l'attuale unanimità sulla parola d'ordine dello "specifico" letterario nasca da un complesso di colpa che la critica marxista ha ormai interiorizzato, dopo tanti vani tentativi di sfuggire ai pericoli di riduzionismo che l'hanno costantemente insidiata. L'evidente superiorità analitica ed esplicativa dei metodi formali ha poi fatto il resto. Così oggi non esiste più quell"'opposizione a Jakobson, allo strutturalismo e alla nascente semiologia negli anni sessanta da parte di una allora agguerrita critica sociologica e ideologica", verso cui si rivolge la nostalgia di Maria Corti. Ma dubito che un'autonomia ontologica (anziché istituzionale) della letteratura sia la miglior difesa con-
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