Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

raccontiitaliani Antonio si alzò appoggiandosi al comodino, e si diresse verso la finestra per respirare meglio. · - Allora, vuoi che parliamo? Io fra poco me ne devo andare. - E gli dispiacque di essere stato un po' brusco. Clara si rialzò. - Hai ragione, ma non so nemmeno io da dove cominciare, forse in realtà non so nemmeno che dire. È che con qualcuno mi devo pure sfogare, perché di questa situazione ne ho piene le scatole. - Antonio la guardava, immobile, lei si imbarazzò. - Babbo, vorrei una sigaretta, dammene una di quelle che tieni nascoste - disse. Sorrise. - A negare è bene che non ti ci provi nemmeno. - E difatti lui non ci provò, aprì il cassetto, stavolta non ebbe neppure bisogno di frugare, tirò fuori il pacchetto e lo gettò alla figlia. Clara ne estrasse una sigaretta e l'accese, aspirò la prima boccata. - È difficile e tu non mi aiuti - riprese. No, lui non l'aiutava davvero perché sapeva già di che cosa avrebbero finito per parlare e sentiva il nervosismo che lo invadeva. Di lui e di Giovanni: basta. Basta con tutta quella inutile storia. Basta con il ricordo di quelle parole e delle risposte che gli si erano agitate in testa. "Tu che rifiuti questo mondo, proponi forse qualcosa di diverso? Ci si può limitare solo a subire? Si può anche porgere l'altra guancia, passivamente, ma quando si aspetta e si crede nel paradiso." E poi "tutta la razionalità di questo mondo è falsa? E le tue case, com'è che stanno in piedi allora?" Eppure non era riuscito a dir niente. Era stata pietà per la debolezza di Giovanni. O rispetto per la sua crisi e la sua sconfitta. O paura di non riuscire a batterlo nella discussione. No, basta, non aveva più voglia di parlare, di pensare a Giovanni. Il mio regno per un paio di ali, un incantesimo per trasformarsi in uccello e volare fuori dalla finestra, in alto, sopra il cortile e il giardino. Lontano. Solo. E lei lo vedeva quello che stava facendo, lo sentiva che rovinava tutto, che guastava il clima calmo di quella stanza, ma era più forte di lei. Perché non voleva tacere e sopportare ancora una volta, o fuggire, o nascondersi. Non voleva nemmeno rifugiarsi in qualche posto a immaginare una storia. Lei doveva farsi ascoltare, a costo di spargimenti di sangue. - No, non ti aiuto, come tu non mi aiuti nelle mie indagini. Vuoi parlare di cose che non voglio sentire. - . - E invece tu a sentire ora ci stai. Hai settant'anni e lui cinquanta e v1baloccate come bambini di quattro. Ma quello che mi ferisce di più, sì, quello che mi ferisce è che ciò con cui giocate è un ragazzo morto. - Solo dopo'aver pronunciato l'ultima parola si-accorse di essersi me~s:i ~ urlare e sperò che lui capisse lo stesso e non spiegasse tutto con una cns1d1 nervi. - Ora calmati, Clara, calmati. - Antonio le si accostò si sedette di nuovo sul letto e lasciò che Clara appoggiasse la testa sul suo'petto. Le carezzò i capelli e sentì i suoi singhiozzi e pensò al bagnato delle sue lacrime. Forse si era davvero sposata tropp~ presto o forse non era adatta a fare figli. Ma più probabilmente aveva rag10ne, perché né un marito né un padre avrebbe'.o d_ovutoessere com~ loro due. - Dobbiamo ricominciare, babbo, voglio d1nuovo fare una vita normale. - - Scusa scusa di tutto - le disse, ma senti subito che quelle parole non servivano ~ spiegare ciò che veramente le voleva dire e lo prese l'imbarazzo 44 - Giorgiovan Straten

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