raccontiitaliani È difficile pensare che a settant'anni si possa imparare a far bene il nodo della cravatta. Se non ci si è riusciti prima che vuoi sperare? La mattina si era fatta largo con forza fra la nebbia della pioggia notturna e il sole, fresco per l'umido, si scheggiava sopra i vetri della finestra. Tra un giorno forse sarebbe tornato al lavoro, a quel prosaico commercio di vino che aveva fatto la fortuna della famiglia. Figlio degenere di letterati, poco voglioso di studi, ma amante dei libri, Antonio ricordava ancora il giorno in cui aveva salutato tutti e se n'era partito per la campagna. "Mi impiegherò da fattore" aveva detto, agitando il diploma di perito agrario. E il fattore l'aveva fatto davvero, e via via tutto il resto fino a comprare la villa e i campi attorno. Ma anche di tutto quello ora che ne avrebbe fatto? Una figlia che non voleva figlioli, un'altra che ne aveva avuto uno solo. Basta così. Schiuse la finestra, poi si avvicinò al cassettone, lo aprì e, dopo aver frugato un po', ne estrasse un pacchetto di sigarette. Una sola, in onore della bellagiornata. Se l'infilò in bocca, l'accese e rimase un momento immobile ad assaporarla. Il gusto del proibito: si sentiva come un ladruncolo di mele. Nazionali senza filtro, su questo non aveva dubbi. Nei secoli fedele. Seduto sul letto, la sigaretta in bocca, le mani appoggiate all'indietro per darsi stabilità, Io sguardo fuori della finestra, Antonio si mise a pensare, ormai tutto vestito e pronto per uscire. Colpi alla porta. - Chi è? - - Sono io, babbo. - - Vieni Clara, entra - disse Antonio e rapido tentò di scagliare la sigaretta fuori della finestra, ma il tiro non fu dei migliori e un mozzicone incandescenterimase visibile sul pavimento del balcone. Ora si sarebbe beccato anche un rimprovero per aver fumato. Signore Iddio. - Volevo parlarti. - Antonio si voltò a guardare la figlia e si compiacque per come era ancora bella e dolce. Aveva un vestito leggero, di cotone giallo, stretto in vita e un paio di scarpe di tela senza tacco. I capelli erano raccolti in una specie di crocchiama, volutamente, un po' disordinati. E il suo sorriso era semplice e largo. - Parliamo, davvero, ho voglia di chiacchierare con mia figlia, non capita spesso. Mi piacerebbe anche che stessimo più insieme. Qualche volta bisognaproprio decidersi a andarcene in giro, io e te, come quando eri ancora una ragazzina e portavi le trecce. - - Me lo ricordo sai? Ci pensavo prima, giù in cortile, guardavo Vittoria e mi sono ricordata di quando è venuta da noi. Sarà stato il cinquanta o giù di lì. Era allora che avevo le trecce, che ero una ragazzina. Ma è durato poco. Ho avuto un po' troppa fretta di sposarmi. - Anche Clara si sedette sulla sponda del letto, accanto a suo padre e si mise a guardarlo mentre parlava e non sentì l'odore di fumo e non vide il mozzicone che si stava lentamente spengnendo. - Di cosa vuoi che parliamo? - le chiese Antonio. - Aspetta ancora un momento - gli disse Clara e si lasciò scivolare fino a rimanere distesa sul letto, gli occhi rivolti al soffitto. Avrebbe voluto essere di nuovo una bambina, per rifugiarsi dentro le braccia del babbo, protetta e sicura come non era più da tanti anni, come non era mai stata con Giovanni. Ed invece cominciava già a invecchiare. Giorgio van Straten - 43
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