racconti italiani Due o tre mesi prima. Erano tutti a tavola, Clara, Giovanni, anche Sergio e Claudia, appena arrivati da Bruxelles. Il babbo aveva ripreso ancora a fare le sue domande di sempre. Avevate notato? Tu, Clara, avevi pensato? Chi di voi aveva creduto? Clara sentiva l'intolleranza di Giovanni crescere, e quando lui scattò dalla rabbia, non fu troppo sorpresa~Giovanni lo interruppe, il viso bianco, fuori di sè come mai lei lo aveva visto, ma con voce calma, cattiva. Una scena teatrale, forse, ma, lo poteva giurare, non voluta. - Ora sta bene a sentire. Perché ti dirò ciò che penso su tutta la nostra storia per la prima e ultima volta. lo non so perché mio figlio si è ucciso. lo non lo posso sapere. E proprio questo è il punto. Tu credi che tutto si possa sempre spiegare, ma non è così. - Si fermò un momento come a cercare qualcosa - Tu non capisci vero? O non vuoi capire. Ascoltami. Non sopporto chi spiega la vita coi libri, ma questa volta non mi importa, lo voglio fare. Hai mai sentito parlare di Ivan Karamazov? Sì? Bene. Quello che io sto cercando di spiegarti da mesi lui lo ha già detto: ciò che conta per Ivan non è se Dio esista o no, ma il fatto che lui non può e non vuole accettare il mondo di Dio, i dolori, le ingiustizie, le sofferenze del mondo. Per lui tutto questo non ha giustificazione alcuna, qualunque cosa esista dopo o sopra di noi, qualsiasi razionalità divina ciò possa nascondere. Così dice Ivan Karamazov, e perché dovrei pensarla diversamente io, che vivo cento anni dopo di lui in un mondo tanto più caotico e assurdo? Perché un uomo muore di cancro a trent'anni, perché si uccide un ragazzo di venticinque? Io non lo so, non lo posso sapere. Per questo rifiuto questo mondo e la sua falsa razionalità. Tu credi che ce l'abbia con te; non è vero, Antonio, io non ti odio, solo che significato pensi possano avere per me le tue indagini insonni? Che credi di poter scoprire? Se vuoi continuare sono affari tuoi. Ma a me, a noi, non chiedere più niente. Smetti di fare domande. - Dopo uno dei silenzi più incredibili che avesse mai sentito. Clara era in cima alle scale. Era lo stesso uomo di allora, quello che guardava con un sorriso timido, appoggiato alla porta del bagno? Era contento di aver indovinato, di aver riconosciuto il passo di Clara, il suo modo di camminare. Non poteva certo fare una gran figura con quella pancia che usciva fuori dalla giacca del pigiama, i piedi nudi e i capelli arruffati, ma aveva bisogno di lei. Clara gli si avvicinò e lo baciò sulla barba. - Ciao, amore mio - le disse, ma non era una grande risposta. Imbarazzato entrò nel bagno, lasciando un passaggio invitante tra la porta e lo stipite. Seguimi, ti prego (ma perché a dirlo non ce la faceva?). Clara capì, o forse solo sperò di capire, e si sedette sul bordo della vasca a osservarlo mentre si lavava. La tranquillità e la tenerezza di dieci minuti inutili nel bagno, insieme. Capitava così di rado che era privo di senso tentare di cambiare lo scorrere della loro vita in quel breve momento, ma poteva essere dolce lasciarlo trascorrere così. Clara, piegata in avanti, gli sfiorava la schiena con le dita, lui si lavò il viso e i denti. Fuori si sentiva il sole e per la prima volta da tempo ebbe la sua razione di serenità, respirò senza affanno. Insieme entrarono in camera, ma già si era fatto tardi, riprendeva l'ansia, la fretta dei tempi obbligati; un bacio solo, arrotolato fra la cravatta e il colletto della camicia, prima di uscire. Mentre scendeva le scale, sentì che sul letto lasciava qualche altro brandello di possibilità non sfruttate, di paGiorgiovan Straten - 39
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