Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

raccontiitaliani sto che la disturbava. Era l'imprevedibilità di Giovanni che la colpiva. L'impossibilità di prevedere e incidere sui suoi comportamenti. Le sue titubanze, le incertezze continue, le chiusure improvvise. E non era solo da quando era morto Filippo. Anche prima. Poteva essere lì, per lei sola, o muoversi come un automa che non vede gli altri intorno a sé se non come ostacoli fisici. Vederla e sorriderle, oppure passarle sopra come se non esistesse. Esaltazioni e depressioni. Depressioni e esaltazioni. Antiche difese. "Eppure ho un bel coraggio a pensare così, come se fossi meglio di lui, più aperta o più forte. Come Giovanni, pari pari. Dio li fa e poi li accoppia". Fece un po' di rumore alzandosi, mentre rinunciava a salvarsi dal mal di testa, ma senza ottenere molti risultati. Lui lì, immobile. Passò davanti allo specchio dell'armadio, che spandeva in giro la luce leggera, ma senza guardarcisi dentro, "se no questa volta mi ci butto", poi si fermò un momento appoggiata alla porta. Sentì l'acqua del bagno e poi il babbo scendere le scale. Fu solo allora che uscì dalla camera, con la vestaglia azzurra stretta in vita e i capelli chiari ancora privi di un ordine qualsiasi. "Chissà come si sente il vecchio oggi" pensò, mentre la tempia sinistra già le martellava un poco. Se non si sbrigava a toglierlo dal fuoco il caffè si sarebbe messo a bollire. Allora ci sarebbe stato da sentirlo il vecchio. Tutte le volte che lo prendeva, la mattina, era pronto a incollerirsi per i motivi più futili. Lui Io sapeva che gli faceva male e se la rifaceva con gli altri, perché a quello, al caffè appena sveglio, non era riuscito a rinunciare. Vittoria lo sentì scendere le scale, ma non si voltò finché non Io udì entrare in cucina. Antonio salì i tre gradini che dopo la porta separavano il vano della caldaia dal resto dell'ampia stanza. Era grande, come tutte le cucine padronali di una volta, quadrata, con le finestre che davano nel cortile della villa. Sulla parete a destra entrando erano addossati abbastanza a casacciol'acquaio, la lavatrice e la lavapiatti (quest'ultima successo personale di Vittoria, che al padrone glielo aveva detto chiaro: sono vecchia, o me la compra o me ne vado), sulla parete opposta, quella con le finestre, stava l'armadio, con le pentole e i piatti, di fronte la cucina (o meglio le cucine, perché oltre a quella a gas, c'era rimasta anche la vecchia a legna). Nel mezzo troneggiava l'imponente tavolo della colazione, e proprio lì si diresse il vecchio e mentre le passava accanto: - Avete visto Vittoria - le disse - com'è bella oggi la mattina, fuori in giardino? - Fu allora che si decise a guardarlo meglio. Si ricordava bene l'ultima, difficile settimana del signor Antonio, e quella uscita non era proprio intonata ai giorni appena trascorsi. Stava meglio infatti, imponente, come sempre, nella sua altezza e nella sua corpulenza, ma più disteso nel viso, più dolce nei suoi occhi scuri, più colorito nelle sue guance carnose. Oggi si vedeva di nuovo che era stato un bell'uomo. - Vuole un po' di latte nel caffè? - gli chiese. - Sì, un po' di latte - le rispose Antonio lasciandosi cadere nella seggiola, che qualcuno molti anni prima aveva dipinto d'azzurro, e posando le mani sul freddo marmo del tavolo. - Oggi sto meglio, cara Vittoria - - L'avevo già visto, sa? Me n'ero accorta e glielo stavo per dire che ha proprio un bell'aspetto. Dev'essere stata anche la pioggia di stanotte che ha Giorgio van Straten - 35

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==