Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

raccontiitaliani molto di rado, nù telefonava per avvisarnù e dirmi di andare lo stesso, che nù avrebbe pagata la volta successiva. (Mi telefonava.spesso a casa, per comunicazioni di scarsa o nulla importanza, sempre prima delle sette di mattina, nonostante gli avessi più volte detto di non farlo perché svegliava non solo me ma anche i nùei genitori). Aprii con la nùa chiave. L'alloggio era buio, tranne una fioca luce proveniente dalla camera da letto, dall'abat-jour sul comodino. E proprio dalla camera da letto una voce debolissima, come d'oltretomba, cercava di farsi udire. "Signorina, nù chiami un'ambulanza". La frase in realtà era in piemontese. Marchese parlava quasi esclusivamente in dialetto, e nù chiamava sempre "Tòtina", mai signorina, anche quando parlava in italiano. Mi prese un colpo. In senso metaforico. Lui invece il colpo l'aveva avuto sul serio, la sera prima verso mezzanotte, ed era rimasto tutta la notte lì, senza neppure la forza di scendere a chiedere aiuto alla famiglia del piano di sotto. Marchese non aveva il telefono. La corsa affannosa al bar di sotto, cercare il numero sulla guida, "Che età ha?", "Ma non saprei, più vicino ai settanta che ai sessanta, credo", "Lei chi è?", "Sono la donne delle pulizie", tornar su a traquillizzarlo, "Li ho chiamati, nù hanno detto che in dieci minuti saranno qui", a chiedere se potevo far qualcosa per lui, poi di nuovo giù ad attendere l'autoambulanza per indicare la strada ai barellieri (il palazzo aveva tre scale). La vecchia portinaia siciliana "Marnmamia marnmamia", e io con quella portinaia onnipresente già avevo avuto dei problenù, nù guardava in un modo. Tutta vestita di nero, anche le calze, sempre con un fazzoletto nero sui capelli anche in piena estate, era sempre lì quando uscivo e mai quando entravo, e nessuno nù toglieva dalla testa che pensasse che ero li dalla sera precedente, che ero l'amante di Marchese. E questo pensiero nù seccava. E l'infartuato? Se la cavò, con un lungo soggiorno all'ospedale dove andai a portargli della roba che era rimasta nell'alloggio e di cui aveva bisogno. Risultò poi che aveva già avuto un infarto, o forse due, non ricordo bene. Mi venne alla mente che respirava con qualche affanno, e che teneva delle gocce di Coramina-Efedrina sul comodino. Decise che non sarebbe più venuto a dornùre in città fino a che la SIP non gli avesse messo il telefono. Io continuai ad andare a pulire l'alloggio, Io vedevo qualche istante prima di uscire, ma non sempre. Adesso pulisco le palestre di una scuola. Sono dipendente pubblica, è un lavoro fisso e sicuro, ma lo stipendio è davvero nùsero. In compenso ho la mezza giornata libera, e anche durante l'orario di lavoro ho molto tempo per leggere, scrivere, studiare. Questo perché è un lavoro strutturato male, con moltissimi tempi morti: quando le palestre e gli spogliatoi sono impegnati non li si può certo pulire, e non li impegnano solo gli studenti al mattino, ma anche società sportive esterne, di pomeriggio e di sera. Per cui ai tempi morti di obbligata inattività fanno da contraltare veloci sfuriate di lavoro in lotta contro il 20 - Benedetta Arola

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==