narrativae poesia Che fretta di fare agli estranei del bene, e al proprio sangue farne far le spese!" Le menti di Grub Street2 vengono messe all'opera; di elegie la città viene ingo~ata. Ogni giornale dedica qualche paragrafo a maledire il Decano, o benedire il Drappiere3. Solleciti del loro buon nome, i dottori saggiamente su me riversano ogni biasimo: "Un bel caso, bisogna riconoscerlo, ma non ha mai voluto darci retta. Lasciandosi guidare, per quel che si può dire, aveva ancora vent'anni da vivere, perché abbiamo trovato all'autopsia le sue parti vitali tutte sane. " Da Dublino a Londra ben presto trasmesso, lo si dice a Corte: "Il Decano è morto." La dolce Lady Suffolk4, nell'angoscia del momento, ridendo corre su per dirlo alla regina. 5 Buona, tenera e gentile, la regina esclama: "Davvero se n'è andato? Era ora! È morto, dici? Be', lasciamolo marcire. Per fortuna non s'era più parlato di onori. Glieli avevo promessi, lo confesso; ma quando? Non ero che una principessa, allora; ma essendo la consorte di un re, adesso, come sai bene, è tutta un'altra cosa." E Chartres, all'udienza mattutina di Sir Robert, 6 recita sogghignando la dolorosa nuova. "Come mai, non è morto impiccato?" esclama Bob. "La cosa mi dispiace. Se l'amico mio caro, Will~ prendesse il suo posto, vorrei che quel briccone vivesse; e magari portasse sulla testa una mitria, se in cambio il morto fosse Bolinbroke/"8 Curl9 della sua libreriasetaccia i fondi: con gli inediti di Swift, tre volumi d'autore! e poi, per mascherarne l'arbitraria natura, a cura di Tibbalds, Cibber e Moore. Mi farà il trattamento dei migliori, pubblicherà il mio testamento, la vita, le lettere; risusciterà libelli nati per morire; dovrà tollerarlo Pope, e io pure. La scena cambia, per rappresentare come piangano la mia morte coloro che amo. 172 - Jonathan Swift
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==