bottega Quando ho cominciato a fare il mio primo film, mi interessavano solo le situazioni. Devo spiegare. Il mio primissimo film consisteva di dieci riprese, ogni ripresa durava quanto il caricatore di pellicola che avevo: 3 minuti; inoltre ogni ripresa era un paesaggio urbano oppure un paesaggio in generale. Non mi muovevo e non accadeva nulla, fondamentalmente erano come i dipinti che avevo realizzato prima, solo impressi sul film. Ma c'era qualcosa in una delle riprese: era un paesaggio vuoto con i binari di una linea ferroviaria che l'attraversavano; la cinecamera era molto vicina ai binari e io sapevo quando sarebbero arrivati i treni. Ho cominciato a girare due minuti prima che il treno arrivasse e sembrava come qualsiasi altra ripresa di quel fùmino: un paesaggio vuoto, appunto, con l'eccezione che dopo due minuti qualcuno entrò di corsa dal lato destro dell'inquadratura, attraversò l'immagine molto da vicino, di fronte alla cinecamera, e uscì sul lato sinistro; dunque qualcuno attraversò di corsa i binari e attraversò l'immagine e quasi nello stesso istante in cui lasciava l'inquadratura sulla sinistra, il treno entrò da destra. Penso che proprio in quel punto cominciai a essere un narratore. E li cominciarono tutti i miei problemi, perché per la r;rima volta era accaduto qualcosa su un terreno che io avevo predispo- ~10. l miei problemi crebbero subito molto rapidamente, perché quando iniziai a mettere insieme le dieci riprese mi resi conto che dopo quella in cui un uomo attraversava di corsa i binari davanti al treno, la gente si sarebbe aspettata che accadesse qualcosa in tutte le altre, e ho dovuto confrontarmi per la prima volta con il problema di collegare differenti riprese. La mia intenzione era semplicemente di realizzare una serie di immagini, di quadri, ma come film; poi mi si è presentato il problema che il fatto di collegare queste immagini, o di metterle una dopo l'altra, o di sistemarle in una sequenza di situazioni, era il primo passo del narrare. Persino una connessione molto, molto libera veniva già considerata dalla gente che vedeva il film come l'intenzione di raccontare qualcosa. Ma io non avevo alcuna intenzione. Tutto quello che volevo fare era combinare spazio e tempo; invece da quel momento in poi avrei dovuto "narrare", perché - avendo collegato immagini differenti - creavo un'aspettativa. Da allora in poi e fino ad ora per me esiste un'opposizione in questi due termini: immagine e storia. E sembra che funzionino l'uno contro l'altro. Non si escludono, ma per me che ero molto più interessato alle immagini, il fatto che essi creassero un problema non appena venivano collegati, è diventato il mio problema e lo è ancor'oggi. Vorrei però riprendere questo discorso alla fine. Tutte le mie storie sono sempre cominciate con delle immagini: luoghi o città o paesaggi o strade. Nel senso che, per esempio, osservavo una città e cominciavo a chiedermi cosa vi sarebbe potuto accadere; oppure un edificio, come qui nella mia stanza d'albergo a Livorno: guardo fuori della finestra, piove molto forte e una macchina si ferma 138 - Wim Wenders
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