Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

narrativae musica BrunoBarilli L'ultimodente del musicista Con un dente solo non si può mangiare, non si può parlare, non si può neanche pensare. Si può solo mormorare, come una curiosa bestia sacra. E io ho un dente solo, così malfermo che la sciocca lingua può gingillarsi con esso. Annoiato d'essere solo, questo dente si mette a dormire coricato di traverso sulla gengiva. Per quanto sia un dente vecchio di 68 anni, non è poi il dente del giudizio - a meno che non sia quello del giudizio universale. Lo tengo in serbo e lo sorveglio - mollemente chiusa la bocca accostumata, e la mandibola serrata. Così non parlo più - mi conviene tacere. Dunque mi proverò a scrivere o a descrivere cos'è. - Ho detto 68 anni? ... Come mi porta via questo tempo - dove mi porta? Mi sembra ieri quando dicevo 63 - e 61, ieri l'altro. - Una settimana fa avevo forse vent'anni? In altri tempi - quando le mie critiche avevano del mordente - arrotavo i denti: mordevo il freno. Adesso non so più mordere - mi tocca di ruminar, a memoria, la bava - e non so più con chi ce l'ho. Allora adoperavo i denti - adesso non li ho più, ma ho ancora le unghie, perché in questo mestiere è forza che il sangue scorra. Come uno di quei vecchi adamiti, allegri, litigiosi, irascibili, aggressivi, maneschi, scazzottatori (se no, son botte), che infestano l'avventuroso e rurale paesaggio dei films americani - mi metterei anch'io in concorrenza, in lotta, in guerra con i tristi impertinenti sapientoni dei nostri di, armati di tutta la musicologia fino ai denti. Senonché: esiste ancora la grande musica, e tiene duro ancora? - mi domandavo mentre il diavolo mi portava tortuosamente dall'uno all'altro secolo, in capo al mondo sonoro. Capirò io più questa musica? Bruno Bari/li - 131

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