Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

raccontiitaliani Discosto dal paese, sul costone boscoso di castagni, si celava l'accampamento; sotto la strada era in~ece la cucina, promettendo, così nera di fuliggine e rossa di fuoco, caldo e ristoro. Presso la cucina fu l'alt, ciascuno dovendo indirizzarsi al reparto assegnato. Io stentai a trovare la mia compagnia: avevo lasciato il sacco alpino su un mulo e per cercarlo dovetti allontanarmi parecchio. Ciò che, congiunto al semibuio e alla nebbia infittita, mi rese poi difficile orizzontarmi. Andavo fra i tronchi dei pini e i sassi, col mio sacco in mano, domandando ai militari il reparto. I quali per essere visi nuovi, mi facevano sentire acuta la nostalgia dei compagni di marcia, cui sulla rotabile, messasi a fuoco lentamente la fisionomia al modo che ho detto, già avevo donato un nome. (Così poco basta, marciando con tutta la nostra solitudine, a destare in noi il bisogno d'una società.) Anche del mio reparto, che alfine trovai poco più giù delle cucine, non conoscevo nessuno; e per quest'idea di trovarmi ancora una volta fra gente nuova, proprio mentre la sera, così piovosa e lontana, avrebbe voluto calore d'intimità, risentii grande la solitudine. Guardavo sul fianco del monte, quasi lo avessi sulle spalle con tutte le sue case madide di pioggia e disabitate, il paesotto affumicato, senza un respiro umano alle finestre. I vetri, quando giungeva il tuono ancor lontano delle cannonate, tramavano fino a far sentire quasi più forte di quel tuono soffocato dalla distanza, il loro rumore; e sentivo che quelle non erano ormai più case, bensì una immagine fisica di ciò che si chiama abbandono, le stanze figurandomele come quelle in cui è morto uno, pari al vuoto che sentivo crescermi in petto. Finché, a distrarmi da quella sospensione, due milanesi mi vennero incontro offrendomi ospitalità nella loro tenda. E devo dire affettuosa ospitalità, uno di essi facendo il giro del campo per procurarmi un poco di paglia. Dove, poiché ancora pioveva e mi sentivo le gambe rotte, mi buttai con tutti i miei abiti mèzzi in cerca di sonno. Cosa difficile, perché saputo che venivo dalla città con molte notizie fresche e giornali, mi si addossarono per soddisfare la loro sete. Ma fu quell'intoppo al riposo il primo anello delle mie nuove relazioni, l'incidente imprevisto da cui dipese tutto il mio affetto futuro. Visi ancora privi di nome donarono a me il loro primo interesse, io contraccambiandoli con una pari spinta, preso com'ero dalla solitudine e dal desiderio di stringer qualche rapporto. Cavai di tasca, pregno di pioggia, il "Corriere Mercantile" e non so quale altro giornale, e lo spiegai sulla paglia mentre ognuno, in ginocchio, chiedeva a me, più che a quelle carte, notizie. Senonché un tenente entrando con foga e quasi irrompendo nella tenda (devo dire che approfittò del suo grado con una promessa di solidarietà sottintesa nel modo con cui mi guardò) fece piazza pulita di quelle carte lasciandomi, anziché irritato, quasi con un caldo nel petto per il vincolo con cui nel sopruso si Giorgio Caproni - 129

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