racconti italiani ufficiali rientrati tutti nei loro scompartimenti, sentimmo le ruote riprendere senza una scossa il loro moto, e in breve, mentre il messo veniva soffocato di domande, ritrascinarci in corsa con tutto il nostro stupore. "Telefoneranno alla prima stazione perché si facciano ricerche. Un convoglio militare non può fermarsi". Nè gli ufficiali avevano detto altro. Sentivamo ora che il convoglio, correndo ormai senza freno, non era più libero nella sua carriera; era come se l'ultimo carro opponesse resistenza - come se fosse vincolato a radici che nello strapparsi fanno sentire un prolungato strazio prima che lo strappo avvenga. Ma non da terra si dilaniavano quelle radici - dalla carne stessa del friulano, dalle sue ossa. E in ciascuno di noi, quasi fossimo tutti in colpa, era un dolore fisico, acuto nei nostri nervi. Nè c'era uno capace di spiegare nello sbigottimento come il friulano potesse esser caduto, se gli sporti durante il sonno eran chiusi. La spiegazione avvenne naturale, e in modo che parve comico. Alla parete del carro era una mangiatoia; nella mangiatoia, avendo qualcuno posto un braccio per ri_tirareroba sua, il braccio di questo qualcuno incontrò un corpo umano, disteso: quello del friulano sodamente bloccato dal sonno. Nel carro, appena quel braccio fu ritirato di scatto, e un viso potè accertare la scoperta, fu allora un grido grande (chissà se di gioia o di smarrimento) che occupò tutte le quattro pareti e coprì il fragore medesimo del convoglio. Finché quel grido traboccò coralmente in una risata, dove tuttavia non mancavano le imprecazioni. Ma accortosi ognuno che non poteva essere uno scherzo, in quanto ancora il friulano, malgrado lo strepito e i pattoni, non apriva gli occhi nè si muoveva, un nuovo allarme si diffuse sui visi: "deve esser caduto in malore". Sicché tolto dalla mangiatoia e steso al centro sulla paglia, il sergente cominciò le cure, per cui il friulano riaprì gli occhi. E bastò un poco di cognac, dopo una buona sciacquata al viso, perché egli riprendesse vigore. E ognuno allora, per essere divenuto lieto quasi si fosse liberato dal piombo che aveva sul petto, sfogò un incipiente rancore con alcune parole aspre e poi col silenzio. Nè questa volta si pensò ad avvertire il comando del ritrovamento. Lo avremmo fatto al termine del viaggio, il quale era ridivenuto ormai una cosa normale. Giorgio Caproni - 127
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