Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

racconti italiani la voce che me ne segnalava irrimediabile la mancanza. E forse soltanto in quel punto anche gli altri si accorsero che il treno correva a gran velocità, che si allontanava mentre fino ad allora ognuno, per non lasciar nulla dietro di sè, non aveva potuto distinguere se quella corsa era un allontanamento o un avvicinamento. Un momento teso: qualcuno, forse più tardo a capire o, chissà su quale base; ottimista, fissava sul volto un sorriso; ma i più si capiva che erano veramente allarmati: il friulano, presente la sera, doveva per forza essere sparito mentre il treno era in corsa, perché dall'ora del sonno non c'era stata una sosta. E non poteva non nascere, a quel pensiero, la visione d'un'erba insanguinata lungo i binari, chissà quanti chilometri più indietro: gli ultimi resti d'un compagno cui tutti in quel momento, e forse da quel momento, si accorsero di voler bene. Nè so se negli altri accadde ciò che accadde in me: di compiacermi subito, in certo modo, di quel dolore che pure sentivo pungentissimo, immaginandomi il primo a recar la notizia al comando, con tutta la scena che ne sarebbe derivata. Ma era una parola avvertire il comando: in un treno passeggeri avremmo tirato il campanello d'allarme, lì invece non restava che avvertire il sergente, che ancora dormiva. Il quale come seppe il fatto, si mise a gridare forte il nome del friulano, forse, nel dormiveglia, pensando di trovarsi in camerata. E fu proprio nell'udire quel nome (ed ogni volta che veniva gridato eravamo chissà quanti metri più distante) che avvertimmo tutti l'irrimediabilità di quel lutto. Anche il sergente lo capì; e divenne pallido. Bisognava fermare immediatamente il treno, mandare una pattuglia: le tre cornette, tutte insieme, cercarono di coprire il fragore del convoglio per farsi udire, qualcuno voleva sparare delle fucilate. Udirono quelli del vagone, e così via, a catena, fu uno strepito enorme di squilli, come d'una barbare sveglia. E a me tutto ciò dava un'esaltazione grande, come se avessi bevuto e fossi in festa: in tutti quegli squilli distinguendo le membra insanguinate del friulano, quello che ieri sera (ora il ricordo era esatto) volle da me la penna per fare i suoi conti di cassa: un bilancio di cui ora come poteva servirsi? (Fu proprio questo particolare, in tutto quello strepito d'ottoni, a sciogliere in me sincera, senza più un senso di festa, la commozione.) A una curva il convoglio rimase bloccato e tutti insieme quegli squilli furon troncati: ma non seguì il silenzio, anzi un gridìo confuso, chè ognuno voleva rendersi conto, e in questo un grido, secchi, i comandi dei sergenti intesi a impedire che si scendesse dai carri: uno solo scese, dal nostro, per correre difilato al vagone degli ufficiali; i quali erano già tutti sull'erba in attesa d'una spiegazione di quella fermata, che pure essi stessi avevano comandato sentendo i pazzi squilli. Ma la nostra sorpresa fu grande quando, tornato il fante e gli 126 - Giorgio Caproni

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