raccontistranieri del mio controllo, qualcosa di maligno, alimentato da forze a me ostili. Fino a quando, alla fine, parve che il fallimento mi guardasse dritto in faccia, e che la mia intera carriera sarebbe stata dimenticata per via di questo supremo fallimento. La costruzione cresceva, è vero. Aveva un aspetto rispettabile. Aveva l'aspetto di una costruzione. Ma era ben lontana dall'essere come l'avevo immaginata. Avevo fatto enormi errori di calcolo, ed era troppo tardi per rimediare. I suoi difetti, la sua fragilità, sarebbero stati immediatamente evidenti perfino agli occhi dei profani. E ora una notte dopo l'altra ero tormentato dal pensiero del mio fallimento. Se avessi fatto uso di un minimo di giudizio avrei potuto tanto facilmente fare le cose per bene! Un giorno dopo l'altro andavo, irresistibilmente attratto, a osservare l'edificio, e ogni giorno speravo che un miracolo l'avesse cancellato durante la notte. Ma era sempre li, in piedi, un amaro rimprovero. A rendermi le cose più facili non erano certo i rimprov.éri di mia moglie e di suo padre. Entrambi mi assalivano dicendo, gi~stamente, che il mio fallimento avrebbe coinvolto anche loro. E i giorili passavano! Io non potevo - non mi era mai piaciuto bisticciare, rispondere agli insulti con altri insulti - non potevo rimproverar loro di avermi gravato di un'impresa così difficile proprio al tramonto della vita. Lo facevo per mia moglie e per suo padre, e per mio figlio Winston. Ma chi mi crederà mai? Chi crederà che un uomo possa lavorare per la gloria di altri, se non di Dio? Mi rimproveravano. Prendevano le distanze da me. Nel momento del bisogno, mi abbandonavano. Furono giorni amari. Facevo lunghe passeggiate nei villaggi, nel freddo della sera. I bambini uscivano fuori a salutarmi, le madri alzavano gli occhi dai fornelli, i padri appollaiati sulle gallerie di drenaggio lungo la strada mi salutavano, "Preside!" E presto il mio fallimento sarebbe stato evidente anche ai più umili. Dovevo agire prontamente. La prova del mio fallimento doveva essere distrutta. L'incendio di una scuola è una cosa imperdonabile, ma ci sono situazioni in cui può esser perdonato, quando è l'unica via d'uscita. Questa era di certo un'occasione del genere! È un passo drastico. Ma che è stato fatto più di una volta, su quest'isola. Così dicevo a me stesso. E la risposta era sempre la stessa; la prova del mio fallimento doveva essere distrutta, non solo per il mio bene, ma per il bene di tutti coloro, abitanti del villaggio compresi, il cui destino era legato al mio. Una volta presa la decisione, agii con risolutezza. Era quel periodo dell'anno, metà novembre, in cui la gente comincia a pensare al Natale, praticamente a esclusione di tutto il resto. Questo serviva egregiamente al mio scopo. Avevo bisogno- con quanta vergogna ora lo confesso -di alcuni assistenti, perché era necessario che fossi visto da un'altra parte il giorno dell'incidente. Molto denaro, molto di quello che avevamo messo da parte per il futuro di nostro figlio Winston, doveva 118 - V.S. Naipaul
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