apertura venga comunque tolta. Quando nel '42 incitò alla resistenza nonviolenta contro un'invasione giapponese, fu pronto ad ammettere che poteva costare alcuni milioni di morti. Nello stesso tempo bisogna pensare che Gandhi dopo tutto nacque nel 1869, non capiva la natura del totalitarismo e vedeva ogni cosa nei termini della sua lotta personale contro il governo inglese. Il punto importante qui non è tanto che gli inglesi lo trattarono con tolleranza, dato che era sempre in grado di crearsi pubblicità. Come si può notare dalla frase prima citata, credeva nel "risveglio del mondo", che è possibile solo se il mondo dà la possibilità di sentire quello che stai facendo. È difficile immaginare come i metodi di Gandhi possono essere applicati in un paese dove gli oppositori al regime spariscono in mezzo alla notte e poi non se ne sa più nulla. Senza una stampa libera e senza la libertà di riunione è impossibile non solo attrarre l'opinione di fuori, ma portare un movimento di massa ad esistere, o anche far conoscere le vostre intenzioni all'avversario. C'è un Gandhi in Russia in questo momento? E se c'è, cosa sta realizzando? Le masse russe potrebbero praticare la disobbedienza civile solo se la stessa idea balenasse a tutti simultaneamente, e anche in tal caso, a giudicare dalla carestia degli ucraini, non farebbe molta differenza. Ma, ammesso che la resistenza nonviolenta possa rappresentare la effettiva lotta di ognuno contro il proprio governo, o contro un potere di occupazione, anche così, come si fa ad inserire ciò nella pratica internazionale? I vari stati di conflitto provati da Gandhi durante l'ultima guerra sembrano mostrare che sentiva la difficoltà di questo. Applicando alla politica estera il pacifismo o cessa di essere pacifismo o diventa acquietamento. Inoltre il principio, messo in pratica da Gandhi per trattare con i singoli individui, che tutti gli esseri umani sono più o meno avvicinabili e che risponderanno tutti ad un gesto generoso, merita di essere seriamente discusso. Non è necessariamente vero, ad esempio, quando si ha a che fare con dei lunatici. Allora la domanda diventa: chi è sano? Hitler era sano? E non è possibile per una cultura intera risultare folle secondo i parametri di un'altra? E, pér quanto si può valutare il sentimento di un'altra nazione, esiste un qualche apparente legame tra un atto generoso e una risposta amichevole? La gratitudine è un fattore nella politica internazionale? Queste e analoghe domande hanno bisogno di discussione, e ne hanno bisogno urgentemente, nei pochi anni che ci sono concessi prima che qualcuno prema il bottone e i razzi comincino a volare. Appare dubbio se la civiltà possa sopravvivere ad un'altra grande guerra, ed è infine opinabile se il modo per evitarlo passa per la non-violenza. Costituisce una virtù di Gandhi il fatto che sarebbe stato pronto a fare le più schiette considerazioni sul tipo di questioni che ho ora sollevato e in verità molte di queste questioni le ha discusse da qualche parte in uno dei suoi innumerevoli articoli. Si avverte che c'erano molte cose che George Orwe/1 - 11
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