Linea d'ombra - anno I - n. 3 - ottobre 1983

raccontistranieri La stessaJaccia. A ogni colloquio, gli stessi lineamenti affabili. Non poteva essere - ma invece era così. Ne ero sicuro. E alla fine, incapace di nascondere il mio trionfo, sbottai. "È lei, non è vero?" "Mi scusi?" Gelido. Ma non avevo intenzione di lasciare che se la cavasse tanto facilmente. "È sempre stato lei," insistetti. "Lo so, ne sono sicuro." La sua faccia cambiò, assunse un'espressione astuta, sprezzante. "Sì," ammise, per nulla imbarazzato. "La maggior parte di voi idioti non se ne accorge." "Ma perché?" Ignorò la mia domanda. "Devo dire questo, a suo favore," disse con aria pensosa. "Lei mi ha dato parecchio da fare. Con certa gente è fin troppo facile; a me piacciono le difficoltà. Consideri la situazione dal mio punto di vista. Devo sapere in anticipo dove lei farà la sua comparsa la volta dopo. Devo essere sempre un passo avanti a lei, per fare i preparativi necessari, per poter essere qui, dietro queste scrivanie, quando lei arriva. Ci sono notti in cui non chiudo occhio. Oh, sì. Bisogna dire quel che è giusto." Avrei voluto chiedergli come venivano fatti i preparativi, e altre cose, ma ero sicuro che non mi avrebbe risposto. Dissi invece, "Ora che l'ho smascherata, suppongo che lei se ne andrà e... " "Non ci conti," disse seccamente. "Non fa nessuna differenza." "Lei ha fallito," lo schernii. "Perderà il suo lavoro, dovrà mettersi a cercarne un altro, come me, probabilmente le assegneranno un intervistatore!" "Questo colloquio è finito," mi disse lui, la faccia di nuovo calma e priva di espressione. "Temo di doverle dire che lei non si troverebbe bene qui, Mr. .. Mr. .. " "Arrivederci," gracchiai io, sicuro della sua sconfitta, pieno di gioia insensata. li giorno del colloquio seguente, ero ancora in uno stato di esaltazione. Mi vestii con cura (avevo deciso di ritornare a questa strategia per un po'), e mi misi a fischiettare nell'ascensore che mi portava alla stanza dove avrei dovuto duellare per ottenere un lavoro. Quando mi chiamarono, fu come ricevere un pugno sul naso. "li prossimo!" La voce usci dalla porta semiaperta, e io seppi di essere finito. Non si permise il lusso di un sorriso, quando entrai. Con aria del tutto professionale, cominciò a far commenti sul mio curriculum vitae. Fu allora che mi resi conto che avrei dovuto ucciderlo. Preparai l'assassinio per settimane, settimane durante le quali feci altri quattro colloqui col mio spietato antagonista. O almeno, tentai di prepararlo; ma non riuscivo a escogitare un solo modo di fare quello che dovevo e cavarmela. C'erano agende, lettere, archivi. Tutti avrebbero saputo chi c'era nella stanza con lui, anche se fossi riuscito a ucci102 - Sa/manRushdie

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