raccontistranieri Thomas Brasch Sopradi noi un cielod'acciaio Allora, disse e mi guardò. Una cosa è certa: non sappiamo tutto, ma non siamo poi così stupidi come crede. Rispostò le matite nell'angolo destro della scrivania. Trentacinque, pensai, sicuramente non più vecchio. Allora, ripetè. L'ho visto l'ultima volta, un mese e mezzo fa, dissi, chissà dove sarà adesso. È la terza volta che me lo ripete. Si alzò, mise le mani dietro la schiena, si girò, andò alla finestra e guardò fuori. Sentivo, dalla stanza accanto, il ticchettìo della macchina da scrivere. Dalla strada salivano voci di bambini. Non ci aiuta certamente facendo così, disse e, dopo una pausa, aggiunse: E non aiuta neppure sé stesso. Non posso dirle quello che non so. Ho visto Robert, l'ultima volta, un mese e mezzo fa, e da allora non ne ho più saputo niente. do. Lasciò ancora uno sguardo fuori dalla finestra. Vede, è proprio questo a cui non crediamo. Non so che farci, dissi. C'era silenzio, ora, e potevo sentire il suo pesante respiro. La sua chiave, disse, interrompendo il silenzio dopo qualche seconChe chiave. Si girò. Le ordino di darmi la chiave del suo appartamento. Se non acconsente, i compagni miei colleghi si vedranno costretti a forzare la porta di casa sua. Staccò il ricevitore. Mentre parlava teneva gli occhi fissi su di me. Da voi, disse al telefono e, dopo una pausa: No. Nella stanza 3106. Stese il braccio verso di me. Tirai fuori la chiave dalla tasca e glielamisi m mano. Sì, disse nel ricevitore, non quella. Riattaccò. Thomas Brasch - 97
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